Macerata, 5 luglio 2013 - L’ULTIMA immersione nel mar Rosso, la sua passione più grande, a cui aveva dedicato la sua vita. Così se ne è andato, a 55 anni, lo skipper maceratese Maurizio Pazzelli. Dopo due mesi di ricerche si è spenta la speranza di poterlo ritrovare vivo, ma per chi lo conosceva resta la consolazione di sapere che a custodirlo è il luogo che lui aveva amato di più.
Pazzelli, esperto di navigazione, dopo aver girato il mondo da qualche anno faceva base a Gibuti. Oltre ad accompagnare i turisti nel mar Rosso sulla sua barca, la Boreas of Katharina, aveva iniziato a lavorare per una compagnia che fa assistenza alle petroliere. Con una sua barca e il suo equipaggio accoglieva le squadre di protezione. Ma mentre erano in navigazione, alla fine di aprile, c’è stata una forte tempesta. Passata quella, Pazzelli si è accorto che alcuni pezzi della sua barca erano finiti in mare. Per questo il 29 aprile ha deciso di immergersi e provare a localizzarli.

SI TROVAVANO trenta miglia a nord dell’arcipelago delle isole Dahlak, al largo della costa eritrea, nella parte meridionale del mar Rosso. Nessuno del suo equipaggio se l’è sentita di seguirlo, nessuno era in grado di immergersi a quella profondità. Lui si è tuffato, ma dopo cinque minuti i marinai non hanno più visto le bollicine risalire in superficie. E’ partito l’sos e si è provato a rintracciare il sub, senza però riuscirci. A 50 metri di profondità la visibilità era minima e le correnti fortissime: del maceratese non c’erano tracce. Il giorno dopo è stata informata la famiglia, i genitori Daniele e Anna Maria, che vivono in contrada Cimarella, e le sorelle. Subito sono iniziati i contatti con la Farnesina ma le ricerche, in acque internazionali, in un tratto di mare profondissimo, anche se durate a lungo, si sono rivelate inutili. Probabilmente un’embolia ha ucciso lo skipper, che si era immerso con bombole di ossigeno puro e non miscelato, come invece è consigliato per quelle profondità.
Oltre ai genitori e alle sorelle, il maceratese lascia due figlie e tanti amici qui in città, dove si era trasferito con i suoi da Asmara nel 1969. «Lo avevo sentito il giorno prima dell’incidente via Skype — ricorda l’architetto Marco Scrivani, suo amico da quando avevano 14 anni —. Parlavano quasi tutte le sere, ci raccontavamo quello che capitava. Tanti maceratesi appassionati di immersioni avevano navigato con lui, sulla sua barca: era davvero molto bravo. Il mare se lo è voluto tenere».

Paola Pagnanelli