Un cantiere non autorizzato per costruire una centrale idroelettrica avrebbe deturpato la zona del torrente Marena, oasi verde tra Fabriano e Sassoferrato. Per questo giovedì pomeriggio, su ordine del tribunale di Ancona, hanno messo sotto sequestro tutta l’area.
Le contestazioni riguardano i lavori avviati lo scorso ottobre, per i quali una società intestata a un maceratese è ora accusata di inquinamento ambientale, abuso paesaggistico e distruzione e deturpamento di bellezze naturali. Il cantiere, secondo l’accusa, avrebbe compromesso il bosco d’alta quota lungo il torrente, un’area naturale ricchissima di biodiversità animale e vegetale, e vincolata dal punto di vista paesaggistico.
A monte della cascata sulla sponda sinistra, nel territorio di Sassoferrato, sarebbero state realizzate due strade di cantiere tra la vegetazione, riducendo la superficie boscata per 300 metri quadrati, per un cantiere che sarebbe del tutto abusivo, privo di autorizzazioni paesaggistiche e idrogeologiche. Sarebbe stato poi realizzato un pozzetto abusivo. I mezzi pesanti sarebbero entrati nell’alveo del Marena, nonostante le prescrizioni della soprintendenza.
A valle della cascata, sulla sponda destra ricadente nel territorio di Fabriano, sarebbe stato ripristinato il canale di un mulino antico, per prelevare l’acqua del torrente per rifornire la futura centrale; in questo modo sarebbe stata compromessa la cascata del Marena, nota e molto apprezzata per la sua bellezza naturale. Sotto alla cascata sarebbe stato posizionato un tubo di plastica nero da cento centimetri, molto evidente, modificando l’aspetto del luogo e non previsto nel progetto approvato dalla Regione nel 2023.
Sarebbe poi stata realizzata una strada di cantiere, contrariamente alle indicazioni del genio civile Marche Nord, e poi grossi movimenti terra, tagli di vegetazione, asportazione del sottobosco con riduzione della superficie boschiva per 3.516 metri quadrati, invece dei 115 autorizzati con il nulla osta idrogeologico. Alcuni alberi sarebbero stati coperti dalla terra degli scavi, e non sarebbe stata prevista la struttura di risalita per i pesci, prevista dalle leggi di settore e richiesta dalla Regione.
I lavori sarebbero stati realizzati senza autorizzazioni, o in difformità di quelle concesse, senza rispetto per i vincoli paesaggistici e idrogeologici. Questi interventi avrebbero dunque deturpato e compromesso la zona naturale. Per questo, su richiesta della procura di Ancona, il giudice per le indagini preliminari ha emesso un sequestro preventivo dell’area, che è stato eseguito giovedì dai carabinieri forestali. L’indagato, assistito dagli avvocati Andrea Netti e Valentina Romagnoli, nega ogni accusa e assicura di aver rispettato tutte le indicazioni ricevute per l’esecuzione dei lavori.