
L’ingresso delle ambulanza al pronto soccorso di Macerata Il nuovo dispositivo si chiama Tlk10
Non sarà sfuggito a chi di recente è stato – purtroppo – nei pronto soccorso dell’ospedale di Macerata e Civitanova che gli infermieri del Triage hanno nel taschino un piccolo oggetto, più o meno grande come un cercapersone. Si tratta del dispositivo di allarme Tlk10, già annunciato dall’Ast circa due mesi fa, e da alcuni giorni in dotazione al personale. Come specificato già qualche tempo fa, nel caso di problemi inerenti al comportamento violento delle persone in sala d’attesa, questo apparecchio consente di lanciare tempestivamente l’allarme, giacché funziona come un interfono tra i diversi operatori sanitari, ma permette di chiamare anche le forze dell’ordine, anche se per questo bisognerà attendere ancora un po’, poiché devono essere perfezionate le necessarie procedure con gli uffici competenti. È comunque qualcosa di importante, visto che si tratta dell’ultimo tassello di un piano coordinato e che è stato strutturato su più fronti tra Ast, assessorato regionale alla sanità e forze dell’ordine, oltre che con medici e infermieri, per contrastare il triste fenomeno delle aggressioni, purtroppo sempre più frequenti. I numeri, riferiti a violenza verbale e fisica, non lasciano dubbi: nel 2023, nei tre pronto soccorso degli ospedali di Civitanova, Macerata e Camerino, sono state registrate complessivamente una denuncia Inail e 17 segnalazioni, nel 2024 le denunce sono salite a 11 e le segnalazioni a 59, con un trend in ascesa anche dai primi numeri del 2025.
Tra il 2023 e il 2025 tra denunce e segnalazioni i casi sono stati 94. I nuovi dispositivi di allarme si aggiungono al potenziamento dei sistemi di videosorveglianza, potenziato nell’ospedale di Macerata e installato per la prima volta in quello di Civitanova, all’intensificazione della frequenza dei passaggi di controllo di pattuglie delle forze dell’ordine, il posizionamento di porte con serrature di sicurezza tra l’area del Triage e la sala visita, che possono essere aperte solo da un operatore sanitario. Ma, come ricordato in un recente convegno dedicato a questa problematica, serve anche tanta formazione per poter gestire la comunicazione sulla quale poggia la relazione che si instaura tra operatore e paziente, condizione decisiva per ridurre l’eventuale carica di aggressività di quest’ultimo. Quanto all’aggressività, Stefano Nassini, direttore del Dipartimento di Salute Mentale, aveva sottolineato che questa parola viene spesso superficialmente associata a pazienti psichiatrici, che pure ci sono, mentre la stragrande maggioranza di questi non è aggressiva. "Conta sì il disagio psichico, ma soprattutto pesano diverse altre varianti, sociali, familiari e di contesto, sono situazioni complesse".