"Assurdo che nessuno abbia difeso Alika Ma non è vero che siamo una città razzista"

Il viaggio in corso Umberto dopo la bufera che si è abbattuta su Civitanova: le voci di residenti, commercianti e immigrati. La dominicana Miguela: "Sono stata accolta quando avevo bisogno e ho sempre trovato porte aperte. Però come si fa a non intervenire?"

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di Chiara Gabrielli

"L’omicidio ha segnato una frattura tra il prima e il dopo nella nostra città, ha spaccato a metà l’estate e creato una situazione che non ci saremmo mai aspettati. Si sono sentiti dei commenti razzisti indecenti, tante parole sono state sprecate. Si è parlato di bianco e nero, abbiamo dimenticato che dovremmo parlare di persone".

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Così Ivana Saracco, ex professoressa di latino e greco al liceo classico, davanti ai fiori portati sul corso Umberto I, dove, venerdì, è stato massacrato a colpi di stampella e poi finito a mani nude Alika Ogorchukwu, nigeriano di 39 anni, venditore ambulante, padre di famiglia. Alika è stato ucciso dal 32enne Filippo Ferlazzo, ora in carcere a Montacuto: un omicidio ripreso in diretta dai passanti con i telefonini. "Abbiamo assistito a qualcosa di sconvolgente – aggiunge Saracco –, ho un gran magone dentro, provo tanta amarezza. Ora si provano a capire le ragioni, si parla di pazzia, ma, qualunque siano le motivazioni, il risultato è stato terribile. Vedere poi i filmati della scena mi ha stupito, denota una subcultura, è un atteggiamento diffuso usato a volte anche a sproposito". "Questa città mi ha accolto – spiega la dominicana Miguela, che lavora in un hotel poco distante dal corso –, quando ne ho avuto bisogno per me si sono sempre aperte le porte. I civitanovesi non sono razzisti. Però come si fa a non intervenire mentre ammazzano un uomo? A Civitanova nessuno mi ha mai insultato o aggredito perché sono nera, però venerdì qualcuno avrebbe potuto aiutare quell’uomo". Osas, nigeriano, fa pratica come Oss a Villa Letizia ed è volontario alla Caritas: "È assurdo che nessuno si sia mosso per aiutarlo – commenta –, questa città non è razzista, però si poteva fare qualcosa invece che riprendere col cellulare. Lui non tornerà più a casa, ci sono una donna rimasta vedova e un bimbo che piange". "Certo che c’è stata indifferenza quel giorno – dice Michela Riccio, negoziante del corso –, hanno fatto dei video mentre lui veniva ammazzato. Più indifferenza di così. Sarebbe bastato colpire l’aggressore. Ma nessuno si è mosso per difendere Alika perché era nero e povero". Selene Gaetani, negoziante, pensa che "l’assassino poteva essere fermato, sarebbero bastate tre o quattro persone. Capisco però la paura. Non credo si tratti di razzismo, ma di sfortuna per aver incontrato quell’uomo". Nicola Mariani e Francesca Pasotti commentano: "Inaccettabile il fatto che una persona instabile e bisognosa di cure fosse libera, l’atto è stato barbaro. È comprensibile che le persone abbiano avuto paura, però qualcosa forse si poteva fare". Ado Mehic si chiede com’è potuto accadere in uno Stato civile: "Sembra incredibile che nessuno sia intervenuto". Ahmed, originario della Libia e impiegato in un negozio del corso, è convinto che non è stato un atto razzista: "Poteva capitare a chiunque. Comprendo la paura di chi non è intervenuto". Luigi Garbuglia, di Corridonia, commenta: "Il razzismo non c’entra, è una guerra tra i più deboli. Tutto nasce dal fatto che il ragazzo è disturbato mentalmente. Quanto all’indifferenza, quello di tirare fuori il telefonino per fare un video ed essere famosi per qualche istante è ormai un automatismo, come respirare".