Attentato Strasburgo, il prof nell’inferno. “Bloccati in stazione come ostaggi’’

Marco Sabbatini in Francia per un convegno nelle ore dell’attentato

Un militare per le strade di Strasburgo

Un militare per le strade di Strasburgo

Macerata, 13 dicembre 2018 - «Nessuno ci ha costretti a restare in stazione, ma comprensibilmente si consigliava fortemente di non muoversi dai luoghi al chiuso: di fatto è subentrata la sensazione di sentirci come in ostaggio». A parlare è Marco Sabbatini, originario di Visso, in passato docente di Letteratura e cultura russa all’Università di Macerata, oggi in servizio all’ateneo di Pisa. Martedì sera, il professore era su un treno diretto a Strasburgo quando è andato in scena il terribile attacco terroristico al mercatino di Natale, che ha provocato tre morti e oltre dieci feriti.

«Stavo arrivando da Parigi con un professore russo – racconta Sabbatini –, quando la collega di Strasburgo che ci avrebbe dovuto accogliere in stazione ci chiama, dicendo che è bloccata in una chiesa dove era in corso un concerto di Natale. Ci ha spiegato che non poteva raggiungerci e che non sapeva cosa stesse accadendo. Ho avuto subito il presentimento di un attentato e collegandomi a internet ho trovato una prima notizia su quanto stava accadendo».

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Attentato a Strasburgo

Il prof mette gli altri passeggeri a conoscenza dell’attenato e alle 20.30 il treno arriva alla stazione di Strasburgo. «Siamo scesi – prosegue Sabbatini –, ma diversi di noi sono rimasti in stazione». I mezzi pubblici, infatti, smettono subito di passare. Attorno alle 21 in stazione arrivano i militari e diversi poliziotti in borghese. «La preoccupazione principale era il non capire quanti fossero i terroristi, anche se già si parlava di un’unica persona. Era chiaro che fosse in fuga e che la situazione fosse tutt’altro che sotto controllo. La prima impressione, oltre che di un diffuso ma sommesso terrore tra le persone, è stata di grande incertezza su quello che ancora poteva accadere. Verso le 22, il dispiegamento di militari e forze dell’ordine era già imponente».

In questo limbo, spostarsi dalla stazione si sarebbe potuto rivelare un azzardo fatale. Così Sabbatini e gli altri viaggiatori restano bloccati in stazione per oltre due ore. «Siamo usciti dopo le 23 – ricorda il professore –, accompagnati dai nostri colleghi di Strasburgo. I posti di blocco hanno reso difficili i nostri spostamenti, anche se ormai era chiaro che il terrorista fosse solo uno e fosse già identificato. Il rumore degli elicotteri che ha accompagnato la notte è stato la conferma che le ricerche erano ancora in corso e non avevano avuto successo».

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Ieri, il giorno dopo il terribile attentato, Strasburgo era ancora comprensibilmente sotto choc. «Oggi (ieri, ndr) l’atmosfera è di una città scossa, vuota, che prova a vivere normalmente. La sensazione è di coprifuoco, nonostante scuole e università funzionino normalmente: il convegno, motivo per cui ero giunto qui, si è anch’esso svolto regolarmente».

D’altra parte l’attentato terroristico si inserisce in un clima che in Francia era già rovente, a causa delle proteste dei gilet gialli. «La tensione politica – nota Sabbatini – era già forte nei giorni scorsi a Parigi: più che contro Macron ho percepito malcontento verso le istituzioni in generale e contro la polizia che non ha il controllo su varie situazioni. Il disagio sociale ha una giustificazione in parte economica, ma prevale ora la sensazione di insicurezza rispetto all’ordine pubblico».