Macerata, medici a gettone per tappare i buchi: i costi lievitano

Carenza di camici bianchi, la Regione si affida alle cooperative. Saltamartini: non abbiamo alternative. "Nel pubblico i dottori devono lasciare a 70 anni, ma possono rientrare tramite i privati con compensi più alti"

Operatori sanitari in un ospedale

Operatori sanitari in un ospedale

Macerata, 6 ottobre 2022 - "Non abbiamo scelta. Dobbiamo garantire il diritto alla salute, dobbiamo garantire servizi essenziali per i quali servono medici che non troviamo. I bandi che facciamo per le assunzioni, specie per certe specializzazioni, spesso vanno a vuoto". Filippo Saltamartini, assessore regionale alla Sanità, spiega perché il ricorso alle cooperative per avere i professionisti che mancano sia, in questa fase, una strada obbligata, nelle Marche come in tutta Italia.

Assessore, qual è la situazione attuale?

"Voglio premettere come questa procedura venga utilizzata fin dal 2019, a sottolineare i gravi errori di programmazione degli anni precedenti che hanno portato all’attuale grave carenza di camici bianchi. Nell’Area Vasta 3 di Macerata si è fatto ricorso ad una cooperativa per coprire i turni di Pediatria, strada che saremo presto obbligati a percorrere anche per i pronti soccorso dei diversi ospedali. Nello stesso tempo sono stati conferiti incarichi a ben 12 medici in pensione. Nelle Aree vaste di Fermo e di Ascoli arrivano da una cooperativa i medici per il pronto soccorso e altri servizi. E si potrebbe continuare".

Ma è vero che avere medici in questo modo costa molto di più?

"Senza dubbio. Per il pronto soccorso, ad esempio, siamo nell’ordine di 100 euro l’ora, che per un turno (12 ore) significano 1.200 euro; per la Pediatria si sale fino a 111 euro per un totale di 1.332 euro a turno. Ma ci sono tariffe anche più alte. I medici mancano e alcune norme vigenti non aiutano. Ad esempio, nel sistema pubblico i medici a 70 anni devono andare in pensione, limite d’età che non esiste nelle cooperative. Si arriva così al paradosso che un medico che ha lasciato il servizio nel pubblico, ci torni tramite la cooperativa, con compensi decisamente migliori".

Non si può fare nulla per riempire i vuoti ed evitare questi costi maggiori?

"Nell’immediato, come ho detto, il problema non è risolvibile, chiedere medici alle cooperative è inevitabile. Mancano tanti medici, in particolare per i pronto soccorso, pediatri, psichiatri e medici di famiglia, ma noi dobbiamo garantire i servizi. Tuttavia ci siamo già mossi per far sì che nell’arco di un paio d’anni il divario tra medici in uscita e in entrata sia colmato".

In che modo?

"Quest’anno la Regione ha stanziato 6,6 milioni di euro di risorse proprie, oltre al fondo sanitario, per portare a 110 le borse di studio per i medici di Medicina generale e a 42 i contratti di formazione per i medici specialisti, in aggiunta a quelle dello Stato. L’obiettivo è proprio quello di contrastare il depauperamento professionale e favorire il ricambio generazionale del sistema sanitario regionale. Prima venivano finanziate appena cinque o sei borse di specializzazione l’anno. Un medico, però, non si forma in qualche giorno. Serve tempo. Crediamo che nell’arco di un paio d’anni, da qui al 2024, la situazione possa decisamente migliorare, che riusciremo ad avere i medici di cui abbiamo bisogno. Ma è chiaro che va ripensata la programmazione anche da parte del governo centrale, in particolare per quel che riguarda le specializzazioni. Si tenga presente che attualmente in Italia ci sono 45mila medici non specializzati".

C’è chi parla di privatizzazione surrettizia della sanità?

"Chi lo fa, parla senza cognizione di causa. Siamo momentaneamente costretti a ricorrere a cooperative private per il personale mancante, punto. Non privatizziamo alcunché".