Certificato Covid Diciamolo in italiano

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Pierfrancesco

Giannangeli

L’intervento che non ti aspetti, ma corretto

e rigoroso. Anche l’Accademia della Crusca,

la culla della nostra lingua, quindi l’istituzione che rilascia il certificato di garanzia

del corretto parlare (cosa di cui, obiettivamente, abbiamo estremo bisogno), ha dato il suo autorevole parere sulle due parole – o, se preferite metterle insieme, sulla formula – più ripetute in questi giorni: Green pass. Secondo la Crusca,

ci sono modi migliori di dire quella cosa lì che permette di vivere meglio rispetto all’ultimo anno e mezzo. Si potrebbe infatti chiamarlo "passaporto vaccinale", oppure "certificato vaccinale", ma l’espressione che pare essere in questo momento più gettonata

è "certificato Covid". Infatti, come ritiene il presidente della prestigiosa Accademia, Claudio Marazzini, Green pass è un anglismo, anzi un americanismo, che dirà

pur qualcosa dall’altra parte dell’oceano (certo, è la loro lingua), ma qui rimbomba "infelice, equivoco

e polisemico", dunque non funziona, innanzitutto perché non è per niente chiaro. "Eviterei sempre giochi di prestigio con le parole – spiega Marazzini – perché la polisemia rende poco trasparente ciò

di cui si parla". E allora vada per "certificato Covid" (in effetti quel "vaccinale" sulle altre due formulazioni suona maluccio), perché le parole debbono sempre chiarire

il concetto, non confonderlo:

è la prima cosa, per esempio, che viene insegnata ai giovani giornalisti appena mettono piede in una redazione, perché il dovere innanzitutto morale

di chi vuol fare questo mestiere è farsi capire. Non c’è posto per le formulazioni intrise

di barocco quando

la situazione è grave, o quando, come nel passaggio decisivo

di queste settimane a cavallo degli ultimi due mesi, è

in miglioramento, ma potrebbe tornare gravissima. Anche quando si parla di libertà,

altra parola (ab)usata in questi giorni, bisognerebbe avere sempre molto ben presente quali aspetti quel bellissimo termine contiene.