Clorinda Cestarelli, la decana delle ostetriche "Ha fatto nascere bambini per quarant’anni"

A 92 anni è ancora iscritta all’albo della categoria: riconoscimento speciale dall’ordine e dal consiglio delle donne di Macerata

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di Paola Pagnanelli

Quando iniziò il lavoro non c’erano i cellulari, così per le chiamate notturne aveva lasciato mezzo mattone fuori dalla porta. E per portarla in certi posti a volte bisognava caricarla in spalla. A 92 anni, Clorinda Cestarelli di Colmurano, decana delle ostetriche della provincia, ancora tiene a essere iscritta all’albo della categoria. Per questo oggi, nella giornata internazionale dell’ostetrica, ha ricevuto un riconoscimento speciale da parte dell’ordine e del sindaco. "I suoi punti fermi – racconta il figlio Romano Mari, medico e presidente dell’ordine – sono sempre stati il rispetto del segreto professionale e la tutela della mamma e della vita". Impossibile dire quanti bambini siano nati grazie a Clorinda Cestarelli. "Mia madre prese il diploma nel 1950 alla scuola di ostetricia a Camerino – racconta il dottor Mari –. Poi con il padre andò a Roma, al negozio Invernizzi, specializzato in apparecchiature medicali, dove prese la prima valigetta. Nel 1954 vinse il concorso come ostetrica condotta a Sefro e iniziò a lavorare lì. La sua attività comprendeva non solo un minimo di educazione sessuale alle giovani donne, ma la tutela della maternità durante la gravidanza, comprese le analisi delle urine che faceva a casa, e poi l’assistenza al parto e il puerperio dopo la nascita". Poi divenne ostetrica condotta di Colmurano, e poi di Colmurano e Urbisaglia. Erano tempi molto diversi. "Una volta andò in una casa in campagna senza elettricità e per avere un po’ più di luce usarono le batterie di un’auto. In inverno partiva anche con la neve e per arrivare in una zona era necessario guadare un fiume. Quando era troppo impetuoso, i contadini la caricavano sulle spalle". Quando arrivava il momento del parto, allora non bastava una telefonata. "Venivano a casa a chiamarla. Di notte tiravano i sassi sulla porta. Avevamo pure lasciato mezzo mattone fuori per svegliarci. E poi non tutti avevano l’assistenza sanitaria, ma lei non ha mai chiesto una lira a nessuno. Così capitò una volta che per giorni mangiammo patate e mele rosa: erano il regalo di un contadino che non aveva potuto pagare". Con lei spesso c’era il medico condotto Mario Mariani, padre di David e Antonella; mia madre ha lavorato benissimo con lui". Nel 1978, con il servizio sanitario nazionale, fu assunta dalla Usl di Tolentino, diventando anche responsabile del consultorio. Dopo quarant’anni è andata in pensione, ma non ha perso la passione per il lavoro. "È ancora abbonata alla rivista della categoria, Lucina, e tiene molto all’iscrizione all’albo". "In questa giornata importante per la categoria abbiamo voluto essere presenti – ha dichiarato la presidentessa dell’ordine provinciale delle ostetriche, Alessandra Petillo, a nome del direttivo –. Diventare genitori, essere madri durante una pandemia è un’esperienza diversa, forte e difficile, di solitudine. La luce che abbiamo chiesto di accendere allo Sferisterio è per tutte le ostetriche che hanno continuato ad assistere le mamme cercando di non lasciarle sole, sorridendo con gli occhi e infondendo coraggio e forza anche attraverso un abbraccio o una carezza. Abbiamo scelto il rosso pensando all’ossitocina: l’ormone dell’amore e del legame, l’ormone che segna le nostre esperienze affettive dal concepimento al legame di coppia, dalla gravidanza al rapporto madre-neonato. Rosso come la passione per questa professione che ci fa andare avanti nonostante le difficoltà, la paura, nonostante lo Stato in un anno di pandemia non ci abbia tutelato, e solo ora si stia accorgendo del nostro lavoro". "Oggi più che mai – continua Sabrina De Padova, presidentessa del consiglio delle donne –, questo è un appuntamento che pone al centro dell’attenzione il valore sociale e sanitario dell’ostetrica, e il suo ruolo chiave nella tutela e nella promozione della salute di donna e bambino, fin da quando, prima del servizio sanitario nazionale, erano l’unico riferimento per le donne". "L’illuminazione dello Sferisterio è un momento di riconoscimento professionale ed emotivo che ha reso l’importanza, anche per il futuro, della giusta valorizzazione delle professioni femminili – dice Ninfa Contigiani, vice presidentessa del consiglio delle donne –, al quale dobbiamo saper guardare poi fuori dalla pandemia".