"Contagi, perché al lavoro si va e a scuola no?"

Gentile lettrice, ecco uno di quei casi in cui si vorrebbe trovare un senso, ma un senso non c’è. La questione scuola è una delle più controverse e sfaccettate in materia di Covid, anche perché riguarda moltissime persone. C’è chi reclama la chiusura per proteggere gli anziani, i professori e loro parenti, sottolineando come i trasporti siano stati potenziati, ma non abbastanza. C’è chi ritiene la Dad la negazione della didattica e pensa che questo sia un anno perso: tra andare a scuola e fare lezione al computer c’è la differenza che esiste tra vivere una storia e vederla in tv. A leggere le statistiche, non ci sono stati focolai nelle scuole, dove tutti restano distanti e muniti di mascherine; invece ci sono stati focolai nelle aziende. Allora forse la questione non è solo epidemiologica, non si tratta solo di arginare i contagi. La realtà, secondo me, è che se chiude un’azienda c’è un danno economico che viene calcolato, e si cerca di evitarlo; se chiude la scuola invece il danno è per le famiglie – di cui alla politica italiana importa solo nel giorno in cui c’è una marcia contro le discriminazioni sessuali – e per i ragazzi, che non votano e che dunque interessano al massimo ai loro genitori.

paola.pagnanelli@ilcarlino.net