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In occasione della giornata dedicata alla "cura del cuore", ad assistere oltre 100 pazienti giunti alla sede della Croce Verde di Monte San Giusto, ma anche da Mogliano e Morrovalle, c’era il professor Massimo Massetti, direttore dell’area cardiovascolare e della cardiochirurgia del Policlinico Gemelli di Roma. Un legame forte quello con la città dove ha vissuto l’adolescenza, quando il padre era al comando della locale stazione dei Carabinieri tanto che nel 2023 il sindaco Andrea Gentili gli conferì la cittadinanza onoraria. Tornò anche lo scorso anno per il Manifesto della Fondazione "Dignitas Curae", di cui lui è presidente, documento centrato sulla ri-umanizzazione della medicina.
Massetti, che ricordi ha di Monte San Giusto?
"Sono legati alla cultura della solidarietà. Ero un boyscout, quindi i rapporti con le persone più fragili li ho appresi crescendo".
Qual è l’idea dietro al ‘Dignitas Curae’?
"Il modello con cui curiamo oggi i pazienti si è esaurito sia in sostenibilità sia nel mantenimento della qualità. Il sistema sanitario nazionale deve invertire il paradigma, mettendo al centro la persona malata, questo per ritrovare anche l’umanizzazione delle cure".
Per lei in Italia siamo curati male?
"No ma potremmo essere curati meglio. Non mi riferisco alle competenze del medici ma all’organizzazione con cui le cure sono erogate. L’esempio è questa esperienza di Monte San Giusto: avremmo potuto prendere i pazienti e mandarli a fare un ecografia o elettrocardiogramma, invece abbiamo portato specialisti e tecnologie intorno alle persone. Ognuno ha sostenuto, in poco tempo, un checkup completo sul piano cardiovascolare".
Come vede il futuro della cardiochirurgia?
"Mirato alla miniaturizzazione delle terapia. Un tempo gli interventi al cuore erano molto invasivi, ora le strategie chirurgiche lo rendono più tollerabile. Tant’è che operiamo pazienti ultraottantenni: un caso eclatante è stato una persona di 97 anni, che poi ha festeggiato il secolo di vita".
Che messaggio manderebbe ai giovani aspiranti medici?
"Gli ospedali non rappresentano più un luogo dove i giovani medici riescono ad esprimersi, per motivi anche economici, e sono spinti ad andare via. Una regione in più per dire che dobbiamo riformare il sistema sanitario nazionale, proprio per ritrovare quelle condizioni di lavoro che darebbero speranze e soddisfazione".
Diego Pierluigi