Coronavirus Macerata, il lockdown delle coppie. "È boom di separazioni"

Marina Guzzini, presidente dell’Aiaf: in provincia richieste aumentate del 30%

L'avvocato Marina Guzzini dell’Aiaf

L'avvocato Marina Guzzini dell’Aiaf

Macerata, 26 maggio 2020 - Il lockdown ha lasciato su di tutti i segni del suo passaggio, piccoli e grandi, anziani e nipoti, single e sposati, e ha disegnato nuove solitudini. Nel tempo delle restrizioni, c’è stato un aumento di circa il 30% delle richieste di separazione nel Maceratese. Uno dei problemi più grandi, poi, è stata la gestione dei minori delle coppie già separate, oltre all’isolamento dei bimbi che si trovano nelle case famiglia e per mesi non hanno potuto avere contatti diretti con i genitori.

A illustrare uno scenario drammatico, seguito a una privazione della libertà che, seppur giustificata dal rischio di contagio, ha scavato solchi profondi nelle famiglie, è l’avvocato Marina Guzzini, presidente regionale dell’Aiaf (l’associazione degli avvocati per la famiglia e i minori).

"Le problematiche nelle famiglie hanno registrato un picco – ammette –. I coniugi che erano in procinto di separarsi si sono trovati bloccati in una convivenza forzata, e noi avvocati non potevamo aiutarli, a parte nelle situazioni di estrema urgenza. Sono esplosi conflitti che erano in via definizione o già evidenti, il lockdown in molti casi ha anticipato lo scoppio della coppia. Se prima della pandemia arrivava una richiesta di informazioni per la separazione ogni 15 giorni, in quest’ultimo periodo ne abbiamo avute anche fino a tre alla settimana. I motivi di divisione sono semplici, soprattutto questioni caratteriali. Motivi banali, quindi, ma esasperati dalla convivenza forzata in spazi spesso compressi, con tutte le tensioni che il lockdown si è portato dietro. I coniugi non si sopportano più. Tutti, indistintamente, più o meno in profondità siamo stati toccati dalla privazione totale della libertà, giustificata per carità, ma pur sempre di privazione si trattava. Pure a livello regionale, l’incremento delle richieste di separazione è stato tra il 30 e il 40%".

"Molte coppie sono scoppiate perché avevano già divergenze latenti – fa notare Guzzini –. Non è detto che poi tutte queste richieste di informazioni per la separazione si concretizzino, perché con la ripresa della normalità si stemperano gli animi". «La convivenza in epoca emergenziale ha creato problemi di conciliabilità di spazi, di gestione dell’ordinario e il confronto, inteso come rapporto coniugale, si è dovuto esercitare in ambiti spesso compressi". Si cerca sempre di evitare il conflitto, per quanto possibile, e arrivare a una mediazione, valutare cioè attentamente l’effettivo naufragio della relazione coniugale, spiega Guzzini, prima di avviare la separazione. Altro problema è stato lo spostamento dei minori: diverse le prese di posizione dei tribunali, e in una situazione anomala come quella del Coronavirus, gli avvocati hanno dovuto valutare un "vestito su misura", caso per caso.

"È stato l’aspetto più pesante – precisa Guzzini –. Spesso un genitore non voleva che il figlio vedesse l’altro, perché lo riteneva a rischio di contagio, ciò è accaduto soprattutto nei casi di professioni ospedaliere. Allora era forte la volontà di un coniuge di limitare il diritto di visita all’altro. C’era da capire, andando a fondo in ogni situazione, quando il rischio di contagio fosse motivato e quando invece fosse solo un tentativo del coniuge di mettere in atto un atteggiamento ritorsivo nei confronti dell’altro. In qualche circostanza, si è dovuti ricorrere a provvedimenti d’urgenza, ad esempio se in un dato contesto vivevano anche persone anziane. La maggioranza dei tribunali, però, ha optato per mantenere il diritto di visita".

Un dramma silenzioso è stato quello delle case famiglia, dove le visite erano invece azzerate e i piccoli vedevano il genitore solo in videochiamata. "Il problema è serio – sottolinea Guzzini –, perché incide sul senso di assenza e complica rapporti che potevano essere già difficili. La pandemia ha accentuato le solitudini. Speriamo di poter riprendere l’attività al più presto. Abbiamo bisogno di guardare le persone negli occhi. Lavorare da remoto, specie in questo campo, è davvero difficile".