Coronavirus Macerata, infermieri. "Noi feriti al volto dalle mascherine"

Il cestista Alessio Olivieri in corsia all’ospedale di Camerino: lavorare così stanca il triplo, ma andiamo avanti. Qui la gente muore sola

Alessio Olivieri, infermiere ferito dalla mascherina

Alessio Olivieri, infermiere ferito dalla mascherina

Macerata, 24 marzo 2020 - Indossa la divisa e scende in campo contro l’avversario. È abituato a farlo nel campo da gioco della Vigor Basket Matelica, l’ala piccola Alessio Olivieri (di Castelraimondo), ma da qualche settimana quello da sconfiggere è diventato il coronavirus e lui, che di professione fa l’infermiere, tutti i giorni gioca la partita più grande nei reparti dell’ospedale di Camerino. Assieme a lui, che prima dell’inizio di questa emergenza lavorava in sala operatoria a San Severino ed ora è stato assegnato alla rianimazione di Camerino, tra i tanti operatori sanitari in prima linea, c’è anche la sua compagnia, Chiara Bartocci, infermiera in forza al reparto di Chirurgia del presidio camerte e che oggi assiste i malati ricoverati meno gravi.

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Quella che racconta Alessio Olivieri però è una partita diversa dalle altre, contro una malattia che costringe i pazienti alla solitudine e i sanitari a lavorare allo stremo delle forze. "Siamo stanchi – racconta – ma andiamo avanti. Lavorare così ti stanca il doppio, il triplo! Il tempo si allunga. Facciamo turni di otto o anche dieci ore se lavoriamo di notte, cerchiamo di non fare pause per risparmiare i dispositivi di protezione e le mascherine, averle addosso per tutte quelle ore però causa delle ferite ed escoriazioni sul viso". La fatica è fisica ma anche, soprattutto, psicologica. "Nel nostro lavoro la sofferenza è all’ordine del giorno, ma stavolta è diverso – afferma Olivieri – perché la gente muore e muore sola. E questa è la cosa più brutta. È possibile che stanno bene e sono vigili e in poco tempo si aggravano fino a morire nell’arco di due o tre giorni. Ma c’è anche il lato positivo. Qui a Camerino abbiamo estubato due persone, c’è anche chi guarisce e sta meglio". Il pensiero di Olivieri va anche a quei colleghi che tornano a casa dai figli piccoli, da mogli e mariti che non lavorano nel campo sanitario. "Noi lavoriamo con tutte le protezioni – ci tiene a sottolinearlo – voglio che sia chiaro che il primo pensiero è per la nostra salute e per quella degli altri, alla fine del turno ci laviamo con cura e usiamo tutte le precauzioni. Qualcuno anche a casa tiene le distanze e indossa la mascherina".

E se nella difficoltà si riescono ad "abbattere le distanze tra medici e infermieri e a lavorare con una grande unione", la preoccupazione è per tutti quei colleghi (finora nessuno a Camerino, ndr) che aspettano il tampone. "Ritengo necessaria una corsia preferenziale per i sanitari che devono fare il tampone e vengono lasciati a casa ad aspettarlo per giorni – aggiunge Olivieri –, va tutelata la salute di chi è a contatto con i malati". L’ospedale di Camerino ha dieci posti in rianimazione e otto posti in sub intensiva, più altri 45 posti letto per i pazienti meno gravi. "L’ospedale è stato riconvertito in poche ore, con un paio di giorni si poteva partire più organizzati. È tosta, ma andiamo avanti. Di sicuro, certe cose le puoi capire soltanto se le vivi sulla tua pelle".