Coronavirus Macerata, la Oss. "Tampone in ritardo, sono rientrata al lavoro malata"

Potenza Picena: l’assurda vicenda di Greta Calascibetta, operatrice sanitaria in una Rsa anconetana

Greta Calascibetta, 22 anni, operatrice sanitaria di Potenza Picena

Greta Calascibetta, 22 anni, operatrice sanitaria di Potenza Picena

Potena Picena (Macerata), 30 aprile 2020 - «A marzo ho preso il Covid-19 al lavoro in una Rsa e dopo 14 giorni di isolamento sono tornata a lavorare senza fare nessun tampone, solo successivamente l’ho effettuato, risultando positiva. Ancora sono in quarantena con i miei genitori e il mio ragazzo, ma loro non verranno sottoposti al tampone. A causa dell’isolamento domiciliare mia madre non ha più lavoro, mentre mio padre rischia di perderlo, ed entrambi hanno una salute precaria. La situazione è disperata, tra qualche mese potremo non riuscire a far fronte ad affitto e bollette". È la triste vicenda che racconta Greta Calascibetta, 22 anni, operatrice sanitaria in una Rsa dell’Anconetano, che vive con la famiglia a Potenza Picena. Nei giorni scorsi ha condiviso un video su Facebook, raccontando il lungo calvario e le mille difficoltà che la famiglia sta passando. Come è cominciato tutto? "Il 23 marzo, quando sono rientrata a casa dal lavoro. Avevo la febbre, e il giorno dopo si è alzata con tosse, mancanza di gusto e dolori reumatici. Subito ho temuto che fosse il coronavirus, perché pochi giorni prima era risultata positiva un’anziana che accudivo nella Rsa. Il mio medico mi ha dato, in accordo con l’Asur, 14 giorni di malattia. Dopo dieci giorni non avevo più sintomi, ma l’ufficio igiene non mi ha più chiamata per effettuare il tampone e malgrado i miei solleciti non si è fatto nulla. Il 6 aprile sono dovuta tornare al lavoro nell’incertezza di essere malata, altrimenti avrei perso il posto. Il 18 aprile tutti noi operatori della Rsa siamo stati sottoposti al tampone, e il 21 è venuto fuori che ero positiva. Insomma, ero tornata al lavoro infetta, mettendo a repentaglio la salute di pazienti e colleghi". Quindi l’hanno messa in quarantena? "Sì, con la mia famiglia e il mio ragazzo Christian, che si è dovuto trasferire per forza di cose da noi. La quarantena forzata ha fatto sì che mia madre Monica perdesse il lavoro in hotel, dove faceva le pulizie. Mentre mio padre Liborio, che fa il manutentore in uno chalet, rischia pure lui di non lavorare se entro il 6 maggio non sarà libero di uscire, dato che inizia la stagione estiva. Infatti, il medico mi ha detto che loro non saranno sottoposti a nessun tampone, perché con una persona positiva in casa sarebbe inutile. L’unica che ne ha diritto sono io; e solo dal giorno che il mio tampone darà esito negativo, per normativa sanitaria, i miei familiari dovranno fare altre due settimane di isolamento poi saranno liberi di uscire senza fare tampone o altro. Ho cercato di sollecitare l’ufficio igiene chiedendo di far effettuare dei tamponi pure ai miei familiari per via dei problemi che la quarantena ci sta creando, ma niente". Lei quando farà il tampone? "È questo il problema, non lo so, come non so per quanto sarà positiva, e il timore che babbo perda il lavoro è grande, così per il nostro futuro. E poi, chi lo dice che se loro faranno altri 15 giorni a casa, dopo la mia guarigione, avranno smaltito il virus? C’è gente che rimane positiva dopo 50 giorni. A luglio mamma finirà la disoccupazione, invece a me scade il contratto a giugno, e il mio ragazzo non lavora. Abbiamo affitto e spese da pagare. In più, mamma è cardiopatica e babbo ha avuto la tbc, rischiano la vita se non verranno controllati. La Caritas non ci ha mai risposto per i pacchi alimentari, e come reddito non rientriamo nei buoni spesa che eroga il Comune. Qualcuno ci aiuti, ci dia un lavoro o faccia qualcosa. Avrei dovuto sposarmi a settembre, ma visti i problemi economici non potrò farlo".