Covid e giovani: più risse e autolesionismo. "Cresce l'aggressività"

Il neuropsichiatra Pincherle: esplosione di violenza collettiva tra i maschi, le ragazze cercano la sofferenza. "Si moltiplicano le richieste di aiuto, ma siamo in affanno nel dare risposte. Speriamo nei vaccini"

Maurizio Pincherle, direttore di neuropsichiatria infantile di Macerata-Asur Marche

Maurizio Pincherle, direttore di neuropsichiatria infantile di Macerata-Asur Marche

Macerata, 23 febbraio 2021 - Si potrebbe dire che oggi come oggi sono allo stremo un po’ tutti, in particolar modo i giovani che hanno età compresa fra i 12 e i 17 anni. Maurizio Pincherle, direttore della struttura complessa di neuropsichiatria infantile di Macerata-Asur Marche, esprime la sua preoccupazione per questa situazione peggiorata rispetto al 2020, anno in cui ci sono state 242 richieste di aiuto contro le 127 del 2019.  

Cosa è aumentato maggiormente? "C’è stato un aumento enorme di lesionismo; fenomeni di autolesionismo per lo più da parte delle ragazze ed eterolesionismo da parte dei ragazzi. Tali situazioni fanno capire come ci sia una condizione di sofferenza psicologica molto forte". Nello specifico? "Proprio oggi (ieri, ndr) ho ricevuto la richiesta telefonica di un papà il cui figlio 12enne è diventato particolarmente aggressivo in famiglia. Aumentano a dismisura risse e manifestazioni di violenza collettiva fuori casa da parte dei ragazzi". Le ragazze a cosa tendono? "Aumentano i tentativi di autolesionismo alimentati dalla depressione come il suicidio". Cosa significa per i giovani attuare questo comportamento? "Il soffrire fisicamente, il vedere il sangue significa sentirsi vivi. È necessario, però, pensare che dietro a queste manifestazioni c’è un grosso vuoto esistente prima del Covid". La pandemia non è stata la causa di tutto ciò? "Il virus non ha fatto altro che slatentizzare questi disturbi che erano già presenti in forma latente e che, in generale, sono decuplicati negli ultimi 10 anni". A cosa è dovuto l’aumento di assembramenti e di non rispetto delle regole antipandemia? "Ultimamente è subentrata una reazione in cui è più importante il desiderio di sentirsi attivi, di vedere i coetanei, di incontrarsi rispetto alla paura di contrarre il Covid. Rimanere chiusi in casa per cercare di evitare ogni situazione di contagio e di socializzazione ora sembra non essere più un buon motivo". Cosa ha fatto scattare questa demotivazione? "I ragazzi hanno rinunciato alla loro vita abituale non essendo coinvolti direttamente se non per una bassissima percentuale. Loro nel 2020 sono rimasti in casa per evitare che i genitori o i nonni si potessero ammalare. Sono d’accordo con Crepet. Ora si respira un’aria molto tesa, la popolazione giovanile, e non solo, è stanchissima, la mole di richieste di aiuto è enorme". Come rispondete a queste richieste di sostegno? "Siamo un po’ in affanno. Speriamo che con le vaccinazioni le cose cambino in meglio". Casi di fobia scolare nei più piccoli si sono modificati rispetto allo scorso settembre? "La fobia rimane però i piccoli sono più ligi alle regole per eliminare il contagio. Loro rappresentano quello che è l’ambiente familiare. Se in casa ci sono adulti fobici, chi ha vissuto la malattia o addirittura dei lutti, loro sono più preoccupati. Nella situazione attuale, però, abbiamo maggiori problemi con gli adolescenti e le richieste telefoniche di appuntamento sono aumentate rispetto allo scorso anno di un 30%".