Crac Babaloo, dieci mesi a Emanuele Ascani

Fallimento della discoteca, cade l’accusa di bancarotta fraudolenta. La difesa: "Non ha mai voluto sottrarre i documenti alle verifiche".

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di Paola Pagnanelli

Per la bancarotta della discoteca Babaloo di Porto Potenza, è stato condannato a dieci mesi di reclusione Emanuele Ascani. La sentenza ha riconosciuto le ragioni della difesa, che aveva spiegato che fine avesse fatto la contabilità del locale. All’attenzione del tribunale di Macerata era finita la gestione del Babaloo, nel 2010 e 2011 eletta da una giuria di esperti la miglior discoteca all’aperto di Italia, frequentatissima dai giovani di tutta la regione e non solo. Ma in seguito ad alcune difficoltà, il 22 ottobre 2014 la società che la gestiva, "Valechiara real estate", fu dichiarata fallita.

In seguito agli accertamenti Ascani, legale rappresentante della società, fu accusato di bancarotta fraudolenta per aver sottratto gran parte dei libri e delle scritture contabili della "Valechiara", e per aver tenuto quella documentazione obbligatoria in modo irregolare, così da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società. In particolare, non si sarebbero trovati i bilanci degli anni 2010, 2012 e 2013, il libro inventari, il libro soci e il libro delle assemblee; inoltre Ascani avrebbe annotato il partitario del denaro in cassa con modalità incongrue per gli anni 2011 e 2012, avrebbe aggiornato solo al 31 agosto 2012 il libro giornale, avrebbe indicato poste passive tra i valori dell’attivo patrimoniale. Ascani, difeso dagli avvocati Gabriele Cofanelli e Massimiliano Cofanelli, aveva subito respinto ogni accusa, assicurando di non aver mai voluto sottrarre alla verifica della curatela fallimentare i documenti contabili, che erano riposti all’interno della sede sociale poi abbandonata dalla società. Per ricostruire la vicenda, nel corso del processo si è svolta una istruttoria articolata, al termine della quale ieri mattina il pm Enrico Barbieri ha chiesto la condanna a due anni e due mesi di reclusione, per un reato, la bancarotta documentale, che prevede una pena da 3 a 10 anni. Invece il collegio, composto dal presidente della sezione penale Roberto Evangelisti con i giudici Francesca Preziosi e Barbara Cortegiano, ha accolto la tesi sostenuta dagli avvocati Cofanelli, non riconoscendo il reato di bancarotta fraudolenta ma solo quello più lieve di bancarotta semplice, e condannando l’imputato, che aveva anche una recidiva specifica, alla pena di dieci mesi di reclusione. Soddisfattissimo Emanuele Ascani, per l’equilibrio con il quale, dopo sei anni di processo, il tribunale ha risolto la complessa vicenda.