
Il 3 aprile 2014 le campane della cattedrale di San Catervo, a Tolentino, suonarono a festa: Papa Francesco aveva dichiarato...
Il 3 aprile 2014 le campane della cattedrale di San Catervo, a Tolentino, suonarono a festa: Papa Francesco aveva dichiarato "venerabile" Luigi Rocchi. Questi, detto Luigino, morì il 26 marzo 1979 all’età di 47 anni, dopo averne passati 28 immobile, a letto o in carrozzella, colpito da distrofia muscolare progressiva fin dalla nascita. Imprecò fino a quella notte in cui, 25enne, decise di mettersi totalmente nelle mani del "buon Dio". Ne ricevette in dono un’estasi che cambiò la sua vita e lotta contro il male, deciso a imitare Gesù. "Non amo la croce – diceva – ma voglio amare la gente, soprattutto i "crocifissi vivi" come me, "a costo" della croce".
Iniziò allora a intrattenere una corrispondenza epistolare con migliaia di persone sparse per l’Italia, per asciugare con la scrittura le lacrime di chi soffriva: negli ultimi quattro anni della sua vita mise nero su bianco oltre venti lettere al giorno con una macchina da scrivere elettrica, battendo i tasti con un bastoncino di legno tenuto in bocca. Con il decreto firmato da Papa Bergoglio si concluse un iter iniziato 22 anni prima.
"Ricordo che quella firma fu motivo di grande gioia per la nostra famiglia – dice Vania Sciamanna, una dei quattro nipoti di Rocchi, la più grande (sua madre era sorella del "venerabile") –. Un cristianesimo vissuto amando Dio e ciò che Dio ama concretamente, l’uomo, i più poveri, gli ultimi. I "crocifissi vivi", proprio come ci ha insegnato il Santo Padre in questi anni di pontificato. Con la bolla abbiamo scoperto quanto sollievo nostro zio fosse riuscito a donare agli altri. Il primo passo di Papa Francesco ce l’ha posto come esempio", conclude.
Lucia Gentili