Dalla violenza fisica, "una volta sono arrivati persino a buttarmi nel cassonetto della spazzatura", a quella verbale e soltanto perché "colpevole", per i bulletti del quartiere, di avere i capelli lunghi: "Sei una femmina, sei un fr****". Fino alla goccia che, intorno ai suoi 22 anni, fece traboccare il vaso: "Da tempo mi facevano la posta sotto casa. Non potevo più uscire, vivevo barricato. Appena mettevo il muso fuori, giù botte. Senza motivo. Per fortuna la mia famiglia si accorta di quanto stavo subendo in silenzio. Lì Sam è cambiato, lì è iniziata la mia rinascita". E oggi che di anni ne ha 34, Sebastiano Andrea Massaccesi ha messo a disposizione il suo vissuto e, coniugandolo con il suo percorso accademico e professionale, aiuta bullizzati e bulli da psicologo clinico. Recanatese, lavora nello studio ad Osimo. In questi giorni la sua testimonianza torna a essere terribilmente d’attualità in un paese che fa i conti con la scomparsa di Leonardo, il 15enne di Montignano che si è tolto la vita perché sopraffatto da quegli atteggiamenti vessatori che subiva. Come accadeva a Sam: "Una notizia sconfortante, che fa molto male – esordisce al Carlino lo psicologo clinico –. Dobbiamo anticipare quello che potrebbe essere evitabile, prenderlo per tempo, agire in maniera preventiva. Non lavorare soltanto sulla persona bullizzata e sulle conseguenze psicologiche e traumatologiche che subirà, quanto piuttosto su chi bullizza. Si tende a puntare il dito su genitori, insegnanti, società. Ma non si comprende quello che c’è dietro. Ovvero un disagio. Per questo ritengo che si debba lavorare soprattutto su chi la violenza la fa. E nel caso di bambini o adolescenti, non c’è consapevolezza di quello che stanno perpetrando. Possono immaginarlo, fantasticarlo. Ma viviamo in un periodo storico in cui assistiamo ad una violenza anestetizzata". Lui, in particolare, teorizza l’anticipazione del fallimento. "Con i ragazzi, ma anche con i genitori che incontro – prosegue Massaccesi – non lavoriamo per educare al successo, ma per educare al fallimento. Questo serve per preventivare quelle cadute che nella vita ci saranno. Ma dalle quali ci si potrà rialzare, grazie a strumenti adeguati, compresi quelli terapeutici". Un approccio che tende a rafforzare l’identità di chi si sente diverso o chi, per colpa degli altri, lo pensa. Talvolta quel disagio potrebbe nascere persino in famiglia.
Cronaca"Da bullizzato a psicologo, si lavori su chi la violenza la fa"