
La giornalista e autrice protagonista di un viaggio dalla televisione degli anni ’90 ai social network
"Il solo fascino del passato è il fatto che è passato" diceva Oscar Wilde oppure c’è di più. In questi giorni Popsophia – che giovedì sera ha vissuto il taglio del nastro – indaga a fondo nel festival dal titolo "Retromania" che si tiene a Civitanova su questa nostalgia capace di contaminare moltissime persone spinte a rivalutare il vintage tanto da farlo riemergere, ma anche a velare di malinconia gli sguardi proiettati nel futuro. La giornalista e autrice Alice Valeria Oliveri si occupa di televisione, cinema, musica e nuovi media e il suo intervento è incentrato sul tema "Non è la Rai, dalla tv anni ‘90 a Tik Tok": ne parlerà alle 18 di oggi all’auditorium San Francesco.
Oliveri, dal telecomando all’algoritmo: comunque vada, lo spettatore ha sempre un padrone? "Non direi, ritengo che l’algoritmo abbia invertito il ruolo di gerarchia tra spettatori e contenuto, con la televisione è per esempio più verticale".
Da Quelli della notte a Indietro tutta, da Rischiatutto al Musichiere a Sanremo: solo la tv ha avuto il potere di calamitare l’interesse di una nazione o anche gli strumenti di oggi hanno lo stesso fascino e diffusione? "C’è una differenza che si è imposta negli anni: ora è più raro trovare uno spazio verticale capace di calamitare tante persone davanti al piccolo schermo, adesso c’è un prodotto più a misura dell’utente e ora i grandi contenitori possono rimanere anche invisibili".
Cosa è rimasto degli anni Novanta? "I miti adolescenziali, l’idea che fossero stati realizzati dei contenuti fatti apposta per gli adolescenti, poi il modo in cui si è vissuta la musica".
Adesso c’è l’assedio dei social: c’è Fb, poi si fa un salto Instagram, magari si perde qualcosa su X, ogni tanto c’è da vedere se è arrivato un messaggio su Whatsapp, magari anche audio: chissà se oggi Rino Gaetano scriverebbe ancora Nuntereggae più? "Ma quello è un testo che si può allargare all’infinito, una denuncia che può allungarsi".
Pomeriggi passati davanti alla tv o adesso allo smartphone: trova la solitudine come elemento comune? "La tv, sebbene entrava negli spazi della solitudine, era concepita per essere guardata assieme ad altre persone, per un’esperienza diversa. Lo smartphone è invece nelle mani di una sola persona".
C’è una via di mezzo perché i social, internet e la tv non siano così invadenti? "Possono esserci delle accortezze per l’utilizzo degli apparecchi. Adesso si sta cercando di regolamentare la questione, ma c’era da farlo in partenza".
L’avvento della tecnologia ha spinto nei primi dell’Ottocento a violente reazioni nei confronti delle macchine. "Ora è impossibile tornare indietro, la tecnologia è capillare e fondamentale sotto qualsiasi aspetto. I nativi digitali cercano però ogni tanto spazi dove poter vivere, ecco una forma di luddismo a piccole dosi".