LORENZO MONACHESI
Cronaca

Dall’anoressia alla vita: "Mi sentivo in gabbia. La musica è terapia, ho ritrovato me stessa"

Federica Gianangeli, 21 anni, in arte Federica G. racconta il percorso di rinascita che le ha permesso di superare una grande sofferenza "C’è una via d’uscita, lo dico nelle canzoni. Voglio che siano di aiuto".

Dall’anoressia alla vita: "Mi sentivo in gabbia. La musica è terapia, ho ritrovato me stessa"

Federica Gianangeli, 21 anni, in arte Federica G. racconta il percorso di rinascita che le ha permesso di superare una grande sofferenza "C’è una via d’uscita, lo dico nelle canzoni. Voglio che siano di aiuto".

C’è anche rabbia nelle canzoni della ventunenne maceratese Federica Gianangeli dove descrive le sbarre in cui l’ha costretta a vivere l’anoressia, ma c’è anche speranza perché quel periodo è passato, perché quei problemi sono ora risolti.

Federica, cosa le viene in mente se dovesse ripensare mentre era nel tunnel dell’anoressia?

"Un periodo di tanta sofferenza e solitudine – risponde Federica G., così firma le sue canzoni – in cui la musica mi ha tenuto molta compagnia".

Cosa è stata per lei la musica in quel periodo?

"Terapeutica, è stato estremamente liberatorio e importante scrivere quelle strofe, sentivo come rimpicciolirsi quanto sentivo dentro di me, ne prendevo le distanze e capivo cosa mi stava succedendo".

Quando le è stato diagnosticato questo disturbo?

"A 17 anni al Centro disturbi alimentari di Fermo. Così ho iniziato un percorso di cura che racconto nelle canzoni dove mi sfogo scrivendo in note che non mi piacevo, le difficoltà a parlare agli altri di come mi sentissi".

Ma perché gli altri non si rendevano conto di cosa lei stesse passando?

"Lo sapevano, del resto non ho mai nascosto le difficoltà con il cibo essendo evidenti, mi sentivo sola e non all’altezza. In un certo momento mi sono sentita come in un labirinto e in una gabbia fino a quando sono riuscita a trovare in me le risorse per superare quella fase, per trovare un’alternativa al mondo della malattia".

E qual è stata l’alternativa?

"Ho chiesto aiuto perché da soli è complicato uscirne vedendo la propria fragilità, mi sono rivolta ai genitori, agli amici, ai terapeuti".

"Tutto bene" è il titolo della sua canzone ma era anche la sua risposta a chi le chiedeva come stava.

"Esatto. Rispondevo così perché era frustrante non riuscire a farmi capire, allora dicevo che tutto andava bene per eliminare il problema pur tendendo a mangiare sempre meno".

E adesso come sta?

"Ora sto bene, non ho problemi con il cibo. Dopo questo percorso vivo da sola a Padova, prima una simile scelta era impossibile. Qualche mese fa mi sono laureata alla triennale in Psicologia e ora inizio la magistrale".

Come vede il suo futuro?

"Da psicologa, magari psicoterapeuta".

La scelta degli studi può essere dipesa da quanto ha passato?

"Magari un po’ sì. Tanta terapia mi ha però fatto capire quanto mi possa piacere questa professione. Ritengo che conti soprattutto l’intento, cioè sento di volere intraprendere questa professione perché mi piace e non per altre ragioni".

Quando ha scritto le tre canzoni che l’hanno fatta conoscere al pubblico?

"In momenti differenti del mio percorso di cura. "Tutto bene" l’ho scritta all’inizio, "Sbarre" in una fase finale e "Come fosse ieri" alla fine del percorso".

Pensa che ci saranno altri pezzi?

"Tra poco uscirà un Ep che conterrà sei tracce, ognuna è stata scritta in un momento differente del mio cammino".

C’è rabbia nella canzone "Tutto bene".

"Avevo bisogno di raccontare cosa mi stava succedendo, sentivo la necessità di sfogarmi, di chiedere aiuto. Avevo attorno persone che si preoccupavano per la mia condizione di salute, ma non inquadravo bene il problema e non capivo la ragione per cui mi stessero addosso. Ritenevo che quella preoccupazione fosse eccessiva non avendo chiaro cosa mi stesse succedendo. Sentivo di stare male senza sapere in cosa consistesse questo malessere".

In "Sbarre" parla di singhiozzi.

"Mi capitava di piangere stando seduta e quei singhiozzi risuonavano sulle chitarre che tenevo appese nella mia stanza. Ho scritto quella frase per dire che le mie sofferenze trovavano espressione nella musica".

Qual è la risposta delle persone che ascoltano le sue canzoni?

"Ho ricevuto tanti messaggi, c’è chi mi ha ringraziato per avere messo in musica una sofferenza difficile da esprimere, altri si sono aperti raccontando la loro esperienza di disturbi alimentari".

Cosa la spinge a parlare senza problemi del suo problema con l’anoressia?

"Ritengo che possa essere d’aiuto agli altri, a diffondere un messaggio di speranza rappresentato dalla guarigione perché pensi che non ci sia via d’uscita quando si è nel tunnel della malattia. Invece c’è e io lo racconto".