Dall’omicidio fino all’estorsione e alla rapina Ecco tutte le accuse ai familiari di Rosina

La procura chiude le indagini sull’assassinio di Montecassiano: Enea Simonetti, Enrico e Arianna Orazi sono chiamati a rispondere di otto reati

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di Paola Pagnanelli

Marito, figlia e nipote accusati di aver ucciso la 78enne Rosina Carsetti la vigilia di Natale. Tutti e tre – Enrico Orazi, Arianna Orazi ed Enea Simonetti – per la procura sono responsabili di quell’omicidio premeditato e pluriaggravato. Ed è la prima di una serie di accuse mosse al terzetto, nell’avviso di conclusione delle indagini inviato ieri agli avvocati difensori Andrea Netti e Valentina Romagnoli dal sostituto procuratore Vincenzo Carusi. Ora gli indagati hanno tempo fino a settembre per chiedere di essere sentiti o depositare una memoria difensiva sui fatti avvenuti il 24 dicembre a Montecassiano. Sembra che solo Enrico Orazi potrebbe chiedere di essere sentito.

In tutto, ci sono otto reati di cui i familiari dell’anziana sono chiamati a rispondere: oltre all’omicidio, la simulazione di reato, i maltrattamenti in famiglia, la rapina, l’estorsione, la violenza privata, l’induzione a non rendere dichiarazioni e il furto. Per quanto riguarda l’omicidio, la procura scrive che Arianna ed Enea avevano iniziato a pianificarlo almeno dal 16 dicembre. Poi tutti e tre avrebbero ucciso la donna mediante strozzamento, soffocamento e schiacciamento del torace, causando un’asfissia acuta da compressione delle vie aree e del mantice toracico. Per Arianna ed Enea l’accusa è aggravata dalla premeditazione, Arianna ha anche l’aggravante di aver organizzato e diretto la cooperazione di suo padre e suo figlio; tutti e tre hanno le aggravanti di aver commesso il delitto nell’ambito dei maltrattamenti in famiglia, di aver agito per ottenere un profitto e l’impunità di altri reati, e di aver approfittato dell’età della vittima. Poi c’è l’accusa di simulazione di reato: per non far scoprire il delitto, tutti e tre dissero ai carabinieri di aver subito un sequestro di persona e una rapina da uno sconosciuto, e per rendere la storia convincente avrebbero messo a soqquadro la mansarda, avrebbero staccato i cavi di due aspirapolveri e avrebbero detto che Arianna ed Enrico erano stati legati con quelli; Enea Simonetti avrebbe anche schiaffeggiato il nonno, allo scopo di rendere credibile l’aggressione. Ancora, tutti e tre sono accusati di rapina, perché avrebbero sottratto i soldi di Rosina. E sono accusati di maltrattamenti, per una serie di "ingiurie, minacce, percosse e aggressioni fisiche – si legge nell’avviso di fine indagini –, atti di dispetto ed emulativi, danneggiamenti volontari del mobilio e soprusi di vario genere" ai danni della 78enne che era per loro la moglie, la madre e la nonna. Al loro arrivo, a febbraio 2020 figlia e nipote avrebbero deciso di smantellare il giardino a cui Rosina teneva tantissimo. Le avrebbero dato pochi soldi, le avrebbero impedito senza motivo di usare l’auto o di accendere il riscaldamento; avrebbero ascoltato e registrato le sue conversazioni al telefono. Una volta sentendo l’anziana che si lamentava di Arianna, e che si era decisa a reagire, la figlia l’avrebbe spinta e percossa facendola cadere e causandole lividi al braccio e al fianco; poi sarebbe arrivato Enea che, con la nonna ancora a terra, si sarebbe avventato su di lei minacciandola con il pugno chiuso. Il 27 novembre Enea avrebbe staccato il modem, interrompendo la telefonata tra la nonna e un’amica; la donna gli aveva chiesto perché lo avesse fatto e lui avrebbe preso a calci un divano della stanza dell’anziana, spaventandola; lei aveva chiamato il 112, ma la figlia l’avrebbe minacciata di morte se avesse messo nei guai Enea denunciandolo. Poi Arianna le avrebbe preso e nascosto il cellulare. Arianna ed Enea sono accusati anche di estorsione aggravata, per aver costretto nel luglio 2020 Rosina a cedere al nipote la sua quota della villetta. La figlia della vittima è indagata poi per violenza privata, per aver tolto alla madre il cellulare regalato da un’amica. Arianna, ancora, è accusata di induzione a non rendere dichiarazioni: la notte del 24 dicembre, nella caserma dei carabinieri Enea aveva ammesso che la rapina era un’invenzione, ma poi la madre lo avrebbe convinto a tacere e a portare avanti la versione concordata. Infine, madre e figlio sono accusati di furto: il 7 gennaio, chiamati in caserma per essere sentiti, avrebbero preso da un armadio un paio di guanti che erano stati sequestrati in casa loro, pensando di non essere visti. Ma i tre erano intercettati dalla sera stessa dell’omicidio, perché i carabinieri del Reparto operativo non hanno mai creduto a quella rapina impensabile, la sera della vigilia con il lockdown, senza segni di scasso.

Dalle parole di madre e figlio sono spuntati gli accordi, i patti su cosa dichiarare, le ricerche su altri omicidi. Le telecamere hanno poi mostrato Enea che, dopo aver comprato un po’ arista e una merendina al supermercato, resta per un’ora in auto nel parcheggio, senza fare nulla. Finora gli indagati hanno sempre negato tutto. A questo punto valuteranno se e cosa dire al sostituto procuratore Carusi. "A questo punto – commenta l’avvocato Netti – possiamo finalmente chiudere il perimetro e accedere a tutti i documenti e file audio. Da qui a settembre, termine entro il quale è possibile chiedere l’interrogatorio, decideremo se sottoporre a questo Enrico Orazi. Il quadro indiziario è articolato e da quanto finora emerso non ci sembra che ci siano prove di una partecipazione attiva del giovane".