"Sono tre proposte differenti per una serata caratterizzata dal desiderio di continuare a condividere energia vitale con chi osserva". È quanto dice Alessandro Sciarroni, coreografo geniale, attivo nell’ambito delle performing arts, Leone d’Oro alla carriera per la Danza, in vista di domani per l’ultimo appuntamento di Civitanova Danza, in cui sono proposti tre suoi differenti lavori. Alle 17.30 e alle 19.30 nello Spazio Multimediale San Francesco si inizia con "Op. 22 No. 2", creato per la pluripremiata Marta Ciappina, l’opera è ispirata al poema sinfonico del compositore finlandese Jean Sibelius Il cigno di Tuonela. Alle 20 all’Annibal Caro è la volta di "U.", un concerto vocale che danza, che fa danzare la voce, che muove lo spazio, una performance musicale la cui drammaturgia, con Aurora Bauzà e Pere Jou, è costituita da canti corali tratti dal repertorio italiano composti tra la metà del secolo scorso e i giorni nostri. Conclusione alle 21.30 e alle 23 allo Spazio Multimediale San Francesco con "Save the last dance for me", creazione nella quale Sciarroni lavora assieme ai danzatori Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini sui passi del ballo bolognese chiamato Polka Chinata. Si tratta di una danza di corteggiamento eseguita in origine da soli uomini e risalente ai primi del ‘900.
Sciarroni, nei suoi lavori pensa ai protagonisti in scena e cuce loro uno spettacolo su misura oppure crea e poi cerca chi possa esaltare quanto ideato?
"Normalmente prima arriva l’idea, poi vado alla ricerca di performer che possano interpretarla".
Però con Op. 22 è successo il contrario.
"La proposta mi è stata commissionata dal festival Bolzano Danza che mi ha suggerito la performer con la quale ho condiviso l’idea. Siamo stati entrambi felici per la nuova occasione di lavoro, insieme abbiamo ascoltato la musica di Siberius e pensato che fosse una bella sfida mettersi alla prova con un brano di musica classica perché ciò non capita spesso quando si lavora nel contemporaneo".
Qual è stata la scintilla che l’ha portata in U a indagare il rapporto tra uomo e natura? "Questo rapporto corrisponde a ciò che abbiamo perduto, si tratta di una luce che arriva da un passato recente perché questi canti risalgono anche a poco tempo fa e contengono temi come i lavori nei campi, il passare del tempo, il cambio di stagione, la relazione con il sacro e con il profano. Ho voluto fare un lavoro che parli di quanto abbiamo perso, della frattura tra ciò che eravamo e ciò che siamo oggi".
Nell’ultima proposta pesca a piene mani nella tradizione bolognese, cosa le ha fatto scoprire puntare i riflettori sulla danza popolare?
"Mi ha subito affascinato vedere dei ballerini danzare la Polka chinata portando avanti una tradizione, è quasi una danza acrobatica in cui si affida all’altro perché è importante mantenersi saldi nella vorticosità dei movimenti. Mi era sembrato di assistere a una danza che stava lottando per sopravvivere considerando che nel mondo c’erano solo cinque danzatori".