LORENZO MONACHESI
Cronaca

De Feis in cattedra a Coverciano: "Insegno le culture del mondo, tra gli allievi Buffon e Rivera"

L’ex attaccante tiene lezioni per la Federcalcio ad allenatori, direttori sportivi e preparatori "Spiego come porsi con i calciatori di diverse nazionalità, per evitare gaffe ed errori".

De Feis in cattedra a Coverciano: "Insegno le culture del mondo, tra gli allievi Buffon e Rivera"

De Feis in cattedra a Coverciano: "Insegno le culture del mondo, tra gli allievi Buffon e Rivera"

"Pirlo, Rivera, Italiano, De Zerbi, Thiago Motta, Buffon, Palladino sono stati tra i miei allievi". Guglielmo De Feis, ex attaccante di Maceratese e Samb, è docente al Centro tecnico di Coverciano dove insegna da otto anni "Cultural intelligence" ad allenatori di calcio, diesse, preparatori atletici e osservatori. "Sono lezioni – chiarisce l’ex calciatore, che oggi vive a Civitanova dopo aver vissuto per anni anche a Macerata – in cui si spiega come affrontare le diverse culture del mondo presenti in uno spogliatoio".

De Feis, quali sono i problemi a cui si va incontro senza questi insegnamenti?

"L’obiettivo è evitare errori e gaffe culturali: ci sono differenti i criteri di comunicazione e occorre usare sistemi diversi".

Ci sono esempi?

"Certo, e non solo legati al mondo del calcio. Si pensi alle conseguenze negative in Cina della campagna pubblicitaria di Dolce & Gabbana in cui sono state fatte allusioni sessuali poco gradite e c’era una modella che mangiava cibo italiano con le bacchette. Nel calcio penso al modo differente di intendere il fair play: in Inghilterra una squadra, come segno di rispetto, spinge sull’acceleratore anche quando vince 8-0, mentre da noi si tende a fare il giro palla".

Ci sono stati allievi che a fine corso hanno discusso la tesi con lei?

"Sì, l’ex juventino De Ceglie o l’ex romanista Cassetti".

Come è nato in lei l’interesse per questa materia?

"Ho fatto l’agente Fifa internazionale e nei primi anni Duemila parlavo con dirigenti e calciatori arabi, cinesi, sudamericani, africani. Mi sono accorto quanto fossero diversi i criteri di comunicazione e di negoziazione. Così mi sono messo a studiare".

Come è arrivato a insegnare a Coverciano?

"L’occasione è stata data dagli apprezzamenti per la tesi su questo argomento al corso per direttore sportivo. La Federcalcio italiana è stata la prima a prevedere nei sui corsi l’insegnamento sulle differenti culture all’interno di uno spogliatoio".

Altri le hanno chiesto di tenere queste lezioni?

"Li faccio via web per l’Associazione calciatori argentina per gli allenatori e diesse sudamericani. Sono poi stato invitato dalla Federazione albanese".

Quale soddisfazione le dà questa professione?

"La possibilità di rimanere nel mondo del calcio, per di più nel tempio del nostro football dove si è immersi nella storia. Quattro anni fa Rivera è stato un mio allievo, ma ci sono stati anche alcuni interisti del Triplete".

Cosa l’ha colpita durante le lezioni?

"La capacità di attenzione dei portieri, ho notato quanto Marco Amelia e Buffon fossero attenti, non perdendo mai il contatto visivo con chi parla. Ho dedotto che fosse una deformazione professionale. Sin da piccoli viene insegnato ai portieri di rimanere concentrati. Poi ho notato la grande umiltà dei campioni, tanto più sono grandi tanto più sono umili".

A Coverciano capita che qualche giocatore interpreti ora in modo differente episodi avvenuti durante la carriera?

"Succede e in questo modo arricchisco la mia aneddotica, mi chiedono se quel comportamento fosse una conseguenza di una differente cultura".

Per esempio?

"Penso alla spregiudicatezza dei giocatori olandesi, anche giovani, a contestare apertamente gli insegnamenti degli allenatori. In Italia questo atteggiamento è visto come arroganza, invece viene loro insegnato sin da piccoli di dire ciò che non condividono".

Sono quindi differenti i modi di vivere il calcio?

"In Inghilterra è impensabile fare un allenamento non previsto ed è successo che alcuni giocatori li abbiano disertati perché per quel giorno avevano prenotato una lezione di gol con il maestro. Là l’allenatore non può chiedere ai calciatori di rinunciare al giorno libero".

Lei è stato un attaccante, con quali squadre ha giocato?

"Maceratese, Samb, Fano, Jesina, Monturano, Tolentino e Morrovalle".

Quali sono i ricordi indelebili vissuti sul campo?

"La vittoria del campionato di serie D con la Maceratese (1995-96), il titolo di campione nazionale universitario con il Cus Macerata nel 1993 e gli anni trascorsi a San Benedetto dove la passione dei tifosi mi ha fatto sentire un calciatore vero",