Dpcm, Villa Anitori chiude. "Costretti a buttare cibo fresco"

Loro Piceno, il titolare Alessandro Teodori: "Scelta inevitabile, non ci lasciano alternative"

Lo chef Paolo Paciaroni impacchetta le pentole

Lo chef Paolo Paciaroni impacchetta le pentole

Macerata, 27 ottobre 2020 - Domenica la presa d’atto del contenuto dell’ultimo Dpcm, durante la notte i pensieri e ieri mattina la decisione di chiudere almeno fino al 24 novembre, fino a quando restano in vigore le nuove misure. È l’amara scelta di Alessandro Teodori, titolare di Villa Anitori a Loro Piceno.

"In realtà non ci hanno lasciato alternative – spiega –. La spa deve chiudere per forza, il ristorante deve chiudere alle 18, banchetti, ricevimenti e feste sono vietati, gli spostamenti sono fortemente raccomandati. Non avevamo scelta. Non ci troviamo in una zona di passaggio, abbiamo una tipologia di ristorazione particolare, un prodotto turistico che si basa sull’accoglienza e mette insieme benessere, ristorazione e soggiorno. Con il pranzo della domenica non avremmo coperto neanche lontanamente le spese". 

Nei mesi scorsi però l’azienda ha fatto investimenti per adeguarsi alla precedente normativa. "Non so quantificare ancora, ma parliamo minimo di diverse migliaia d’euro – afferma – tra gel disinfettanti, tavoli più grandi per il distanziamento sociale e trovare le soluzioni per le procedure da seguire. Essendo precisi e puntuali, abbiamo già pagato i fornitori per cui restano giacenze in magazzino di prodotti alimentari e bevande. Quello che più dispiace è che siamo costretti a buttare prodotti freschi". Spesso in passato Villa Anitori ha collaborato con l’associazione Foodbusters, sorta di 'acchiappacibo' per recuperare le eccedenze ad esempio ai banchetti; il cibo in più veniva dato alla Caritas o alle mense. "Considerate le ultime restrizioni – aggiunge Teodori – onde evitare qualsiasi tipo di problemi, questa volta dobbiamo rinunciare anche a questo". 

Il giovane imprenditore si dice sfiduciato. "Credo poco nel ripensamento del governo – commenta – e non penso nemmeno ci vengano dati i contributi promessi (gli aiuti con bonifico sui conti correnti annunciati da Conte, ndr). Se sono delle elemosine, tipo i 600 euro di marzo, sarei tentato di rifiutarli perché è umiliante se paragonato a quanto abbiamo perso". Per una decina di dipendenti, dai camerieri ai cuochi, scatta la cassa integrazione (in base al decreto Agosto, non sfruttata finora). "Anticiperemo noi la cifra puntualmente ogni fine mese – conclude – perché siamo un’azienda seria e sana. Mi auguro che per i lavoratori a chiamata, che purtroppo a marzo non hanno visto un euro, questa volta vada meglio". Intanto l’executive chef Paolo Paciaroni ha spento i fornelli e impacchettato le padelle. Nella speranza che gli attrezzi del mestiere vengano appesi al chiodo per il minor tempo possibile.