Droga e ricostruzione, sos infiltrazioni mafiose "Affiliati delle cosche crotonesi in provincia"

La relazione della Dia: non c’è un radicamento sul territorio, ma sono presenti elementi riconducibili alla criminalità organizzata

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di Paola Pagnanelli

Le piccole e medie imprese marchigiane e il mare di fondi inviati nel cratere per la ricostruzione possono fare gola alla criminalità organizzata. Lo ribadisce la relazione della Direzione investigativa antimafia, in merito alle indagini svolte nel corso del secondo semestre 2020. La relazione è stata illustrata dal ministro Luciana Lamorgese al Parlamento. Nelle Marche – a quanto spiega la Dia – non si registrano al momento forme di stabile radicamento delle "mafie tradizionali", ma ci sono elementi di rischio per le infiltrazioni.

Secondo la Dia, la mafia potrebbe approfittare delle attuali difficoltà economiche in cui versano alcune imprese "ai fini di riciclaggio dei capitali illeciti, ricorrendo anche alla pratica dell’usura nei confronti sia dei singoli cittadini che dell’imprenditoria". Un tema su cui le forze dell’ordine devono porre estrema attenzione, così come quello della ricostruzione post sisma dato che "le consorterie potrebbero tentare di infiltrarsi nell’aggiudicazione degli appalti e dei subappalti pubblici e privati a svantaggio delle imprese sane". E seppure non si possa parlare di radicamento sul territorio, negli ultimi anni si è comunque evidenziata la presenza e talvolta l’operatività di affiliati alla criminalità organizzata calabrese.

Nello specifico, in provincia di Macerata e a Fermo sarebbero emerse proiezioni riferibili alle cosche del Crotonese. Anche i gruppi camorristici hanno evidenziato nel tempo interessi criminali nel territorio. Il settore di maggior coinvolgimento è quello del traffico di stupefacenti. Nel territorio si registrano anche presenze collegate a sodalizi pugliesi coinvolti nel traffico e nello spaccio di droga, nonché impegnati in un pendolarismo criminale finalizzato alla commissione di reati predatori (come rapine, furti ecc..). "Anche se al di fuori di contesti mafiosi – prosegue la relazione – in merito alla detenzione a fini di spaccio si rileva l’arresto operato dalla polizia il 17 settembre 2020 a Cingoli di un italiano trovato in possesso di 80 chili di marijuana occultata presso il proprio domicilio. Si evidenzia inoltre che nelle Marche si è ripetutamente manifestato l’interesse da parte di un’imprenditoria "rapace" a perseguire profitti attraverso l’inserimento nell’illecita gestione del ciclo dei rifiuti". È citata anche l’operazione "Daraga" con cui "il 17 dicembre 2020 i carabinieri di Macerata hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 24 pakistani e afghani, ritenuti responsabili di produzione e traffico di stupefacenti". La filiera criminale "assicurava l’importazione, la lavorazione e lo spaccio di eroina per l’approvvigionamento delle piazze di spaccio del Maceratese. Lo stupefacente proveniente dal Pakistan e dall’Afghanistan passava attraverso la rotta balcanica, occultato in confezioni per dolci oppure trasportato da corrieri ovulatori".

La regione – si legge ancora – è contraddistinta anche dalla "presenza di gruppi delinquenziali di matrice etnica il cui consolidamento è stato progressivo e costante nel tempo. Agevolata anche dall’assenza di sodalizi autoctoni la criminalità straniera si sarebbe ritagliata un ampio margine di operatività nei settori del traffico e dello spaccio di stupefacenti, dell’immigrazione clandestina, della tratta di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione. Ad operare prevalentemente sono criminali albanesi e nigeriani, ma anche rumeni e cinesi".