"Durante il coma ho incontrato mio padre"

Il "viaggio in paradiso" di Betty Tantucci diventa un libro. I proventi della vendita saranno donati alla Terapia intensiva di Macerata

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di Paola Olmi

È uscito In questi giorni "So che ci sei" di Betty Tantucci di Urbisaglia, pubblicato dalla Poderosa Edizioni (www.poderosaedizioni.it). I proventi della vendita saranno donati alla Terapia intensiva dell’ospedale di Macerata dove l’autrice è rimasta per mesi a causa di una malattia importante: la Seu (sindrome emolitico uremica) asintomatica. Mentre era in coma racconta di un viaggio in un luogo che chiama ‘paradiso’ dove incontra il padre scomparso e dove si trova in uno stato di tale pienezza e serenità tanto da non volerlo più lasciare. Decide di rendere pubblica la sua esperienza nel momento in cui si rende conto che può dare sollievo ed essere di aiuto ad altre persone.

Da cosa, rimarrà coinvolto maggiormente chi leggerà ‘So che ci sei’?

"Sicuramente dall’incontro con mio padre – spiega Tantucci – e dalla mia esperienza extracorporea che mi ha profondamente cambiato la vita, tanto da non avere più paura della morte". Cosa le è stato di aiuto nella gestione della malattia?

"La mia famiglia per il conforto l’impegno e il coraggio con cui ha sostenuto me ed i miei figli nel momento ‘in cui morivo’. I miei figli hanno avuto un ruolo importantissimo poiché sono stati la motivazione per il quali ho lottato per la ripresa. E poi l’équipe della Terapia intensiva dell’ospedale di Macerata che con professionalità e umanità ha saputo gestire e contrastare questa grave malattia".

La prefazione al libro è di Daniele Elisei, anestesista rianimatore all’ospedale di Macerata. Come è stata la storia clinica di Betty Tantucci?

"Ha colpito nel più intimo me e tutti i miei colleghi – racconta il medico – perché rappresenta la favola che vorremmo si realizzasse per tutti i nostri pazienti: dalla malattia che genera sofferenza, alla salute e il pieno benessere, dando così pieno significato alle nostre cure, ai nostri sacrifici".

Quando la medicina basata sull’evidenza cede il passo alla medicina dell’ascolto e della condivisione?

"Chi cura (medici e infermieri) sa bene che, oltre al male fisico da alleviare con le più aggiornate terapie dettate dalle evidenze medico-scientifiche, deve prestare attenzione alla sfera psicologica della persona e dei suoi cari".

La catena della sopravvivenza a cui fa riferimento nella prefazione si è servita anche di un ‘quarto anello’?

"Ho parlato di tre anelli di una catena – conclude Elisei – per raffigurare tutte le componenti che mai dovrebbero mancare in un percorso di cura: la tenacia della paziente, le competenze medico-assistenziali, il supporto della sua splendida famiglia. Se vogliamo aggiungere un ‘quarto anello’ vorrei parlare della fiducia reciproca che ci ha fatto vivere questa esperienza senza mai abbandonare la speranza".