"È stato Enea: ergastolo"

Ritenuto l’unico responsabile per l’uccisione della nonna Rosina

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di Paola Pagnanelli

Ergastolo per il 22enne Enea Simonetti per l’accusa di omicidio, e la condanna a due anni per la madre Arianna Orazi, 50enne, e per il nonno 80enne, Enrico Orazi, per simulazione di reato. Si è chiuso così ieri il processo in Corte d’assise per l’omicidio commesso alla vigilia di Natale del 2020, quando la 78enne Rosina Carsetti fu trovata morta nella villetta alle porte di Montecassiano dove abitava con la famiglia. La procura aveva chiesto tre ergastoli. Con la sentenza torna libera Arianna Orazi, che era stata arrestata a febbraio del 2021 insieme con il figlio, in base a quanto emerso con le intercettazioni e le indagini dei carabinieri. Per lei, come per il padre 80enne (che ha passato due mesi ai domiciliari nel 2021), la Corte ha disposto la condanna a due anni con la sospensione condizionale, e l’assoluzione dalle accuse di omicidio, maltrattamenti, violenza privata e rapina. Al termine del processo invece si è profilata un’accusa ulteriore per Enea Simonetti: la Corte ha infatti inviato gli atti alla procura per valutare le dichiarazioni fatte dal ragazzo nel corso dell’udienza del 15 settembre, quando accusò sua madre dell’omicidio di Rosina.

La sentenza è stata pronunciata poco prima delle 14 ieri in tribunale a Macerata, nell’aula Iacoboni affollata di carabinieri, magistrati, cancellieri e avvocati, dopo una camera di consiglio iniziata alle 10. Al vaglio della Corte presieduta dal giudice Andrea Belli, con a latere la collega Daniela Bellesi e, tra i giudici popolari, il penalista fermano Andrea Albanesi, il delitto avvenuto nel pomeriggio del 24 dicembre 2020. Quella sera, Arianna Orazi chiamò il 112 dicendo che in casa c’era stata una rapina e che sua madre era stata uccisa. Accorsero il 118 e i carabinieri. Senza segni di scasso, in un festivo con il lockdown, la rapina sembrò poco credibile ai militari, che la notte stessa iniziarono a intercettare il marito della pensionata, la figlia e il nipote. Il ragazzo, in caserma, prima disse di essere uscito quel pomeriggio per fare la spesa, e al rientro avrebbe trovato madre e nonno legati con i fili dell’aspirapolvere e la nonna a terra; poi ammise che la rapina era un’invenzione; poi ritrattò di nuovo, dando il via a una serie di versioni via via corrette e aggiustate.

L’ultima il 15 settembre quando il 22enne ha voluto sottoporsi a interrogatorio in aula. Risponendo al pubblico ministero Vincenzo Carusi, per tutta la mattina il ragazzo ha detto di non sapere nulla di quanto accaduto mentre lui era fuori. Poi nel pomeriggio, interrogato dal suo difensore Valentina Romagnoli, ha cambiato ancora versione, accusando la madre del delitto.

La Corte d’assise ha escluso la premeditazione e ritenuto solo Enea colpevole dell’omicidio: un raptus lo avrebbe portato ad aggredire la nonna. La madre e il nonno poi avrebbero cercato di coprirlo inventando la storia della rapina. L’80enne e la figlia sono stati assolti dall’accusa di omicidio "per non aver commesso il fatto", e tutti e tre sono stati assolti "perché il fatto non sussiste" dalle altre accuse ipotizzate dalla procura, cioè i maltrattamenti, la rapina, la violenza privata, l’induzione a rendere dichiarazioni mendaci. Tra tre mesi, si conosceranno le motivazioni della sentenza per un processo e una vicenda che hanno suscitato tanto interesse anche oltre i confini maceratesi e regionali.