Effetto Covid, tumori in aumento "In troppi snobbano gli screening"

Il primario Feliciangeli lancia l’allarme: tante persone hanno evitato gli ospedali per paura del contagio. La campagna di prevenzione: per il colon retto solo il 30% dei pazienti risponde all’invito ai controlli

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di Franco Veroli

"Fatta eccezione per i mesi di lockdown tra marzo e maggio 2020, quando tutto è stato sospeso, l’attività di screening è poi ripresa normalmente. La sospensione e le regole di distanziamento e sanificazione, però, hanno prodotto ritardi e, poi, tante persone, per la paura del contagio, hanno evitato l’accesso in ospedale. Così l’adesione dei cittadini allo screening è diminuita. È inevitabile, dunque, attendersi un aumento dei casi di tumore". Giuseppe Feliciangeli, direttore della Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell’ospedale di Macerata e responsabile regionale dell’attività di screening oncologici, conferma anche nelle Marche l’impatto della pandemia sulla prevenzione, anche se in misura inferiore alla media italiana.

Per rendere l’idea, solo nel 2020 in regione sono state individuate 171 neoplasie maligne in meno rispetto al 2019. Proprio per questo, adesso non solo si vuole tornare ai livelli pre-pandemia, ma superarli. "Un’alta adesione allo screening organizzato, quello per capirci che prevede l’invio di un periodico invito a sottoporsi ad analisi ed esami di primo livello per il tumore alla mammella, al colon retto e alla cervice uterina – sottolinea Feliciangeli – offre tre vantaggi: dà maggiori garanzie, permette di ridurre le liste d’attesa ed è gratuito". Spesso, però, quell’invito finisce nella spazzatura o resta dimenticato in qualche cassetto. "Per quanto riguarda lo screening del tumore alla mammella l’adesione si attesta al 55%, come nelle altre regioni del centro nord, ma per il colon retto siamo poco al di sopra del 30%. Se si considerano anche i controlli spontanei, quelli cioè effettuati autonomamente dalla popolazione, però, le percentuali salgono in modo significativo. Ma questi, in quanto occasionali, al di fuori di un "programma", non offrono le stesse garanzie". Per capirsi, basta dire che un esame mammografico nell’ambito dello screening organizzato viene prima refertato da due radiologi e se le valutazioni non sono concordi il caso viene rivalutato con esami di approfondimento. "E il referto può essere fatto solo da chi ha giá effettuato almeno cinquemila mammografie", evidenzia Feliciangeli. Bisogna dunque alzare l’asticella, fare in modo che aumenti la quota di persone che aderiscono allo screening organizzato, in particolare recuperando e valorizzando il rapporto con i medici di famiglia. L’attività di screening, tra l’altro, si sta perfezionando: ad esempio nello screening del tumore della cervice uterina da quest’anno si passerá gradualmente all’utilizzo del test Hpv-Dna, al posto del vecchio Pap Test. Questo nuovo test garantirà una migliore diagnosi e al tempo stesso ridurrà la frequenza dei controlli ogni cinque anni (rispetto ai tre anni attuali con il pap-test classico). L’Hpv-Dna test associato ad una aumentata vaccinazione contro il papilloma virus, sia nei ragazzi che nelle ragazze permetterà di ridurre sensibilmente questo tipo di tumore.

Infine si stanno sperimentando dei percorsi di screening per altri tipi di tumore molto diffusi (polmone, prostata e stomaco). "La prevenzione è decisiva – conclude Feliciangeli – perché consente in certi casi di evitare l’insorgenza del tumore, in altri può salvare la vita consentendo l’intervento precoce e ridurre l’impatto della malattia. Nell’Area Vasta 3 di Macerata abbiamo circa 250-300 casi di tumore al colon retto ogni anno. Se tutte le persone tra i 50 e i 70 anni partecipassero allo screening del tumore del colon-retto con una semplice ricerca del sangue occulto nelle feci, potremmo riuscire a ridurli di almeno un terzo".