GAIA GENNARETTI
Cronaca

Fascisti uccisi, la cerimonia è un caso

Il 25 marzo sarà ricordata la morte di Fulvi e Sfrappini, ma la famiglia del primo non sarà presente

Fascisti uccisi, la cerimonia è un caso

Fascisti uccisi, la cerimonia è un caso

Il 25 marzo alle 9 sara celebrato, in località Caprara di San Severino l’80esimo anniversario dall’uccisione di Camillo Fulvi e Alberto Sfrappini. Un evento organizzato dal Comune e dall’Associazione nazionale combattenti e reduci di Macerata che però non trova l’apprezzamento della famiglia Fulvi che afferma in una nota di non volere "clamori né esaltazioni" e che non parteciperà. "Nel manifesto in cui si annuncia la celebrazione – scrivono i Fulvi – si fa riferimento alle famiglie delle vittime che dovrebbero radunarsi per partecipare all’evento ma nessun componente della nostra famiglia è stato mai interpellato prima di organizzare l’iniziativa, appresa peraltro da uno di noi, per caso, attraverso i social network e sui siti web, dove è stato pubblicato il manifesto. E non ci è stato chiesto nemmeno se fosse opportuno organizzare un gesto pubblico per l’80esimo della morte del nostro congiunto. Il Comune ce ne ha riferito solo dopo una richiesta di chiarimento da noi specificamente sollecitata lunedì 18 marzo. A cose già fatte. Lo riteniamo grave: anche per questo nessuno di noi parteciperà. Ci domandiamo inoltre perché sono state escluse dall’organizzazione altre realtà associative implicate nella tragica vicenda di guerra civile che si vuole ricordare ma nella quale sono coinvolte parti diverse e con diverse responsabilità, anche umane".

La famiglia Fulvi esprime anche preoccupazione per possibili strumentalizzazioni politiche o ideologiche "di un avvenimento che ha ferito nell’intimo la nostra famiglia, come tante altre di San Severino. Da nostro nonno Silvio, fratello di Camillo, fino all’attuale generazione abbiamo sempre vissuto questa morte con la necessaria riservatezza. Abbiamo portato, e portiamo, fiori e preghiere sul luogo dove fu massacrato zio Camillo: non vogliamo clamori né esaltazioni. È questa, crediamo, una forma di rispetto per i nostri morti ma anche per quelli degli altri. E ci auguriamo che le vittime di quell’orrore, Camillo e Alberto, non diventino strumenti di propaganda, di qualsiasi genere, come purtroppo – conclude la famiglia – è accaduto altrove nel nostro Paese".