Incidente mortale a Porto Recanati, chi era la vittima Federico Dottori

Titolare di una ditta di trasporti con la famgilia a Loreto. Era in bicicletta perché non voleva rischiare di perdere la patente

Federico Dottori, morto mentre rientrava a casa in bici

Federico Dottori, morto mentre rientrava a casa in bici

Porto Recanati (Macerata), 21 maggio 2018 - I loro destini si sono incrociati all’alba di una maledetta domenica in una stradina secondaria di campagna di Scossicci, dopo una notte passata in discoteca, forse la stessa discoteca, a Porto Recanati. Tornavano entrambi a casa, uno in bicicletta e l’altro in auto. Il primo si chiamava Federico Dottori, avrebbe dovuto compiere 26 anni, aveva un’azienda di trasporti sulle spalle, una mamma e un fratello ad aspettarlo come ogni giorno. Ma a casa, a Loreto stazione, a poche centinaia di metri da lì, non è mai arrivato. È stato travolto alle spalle da una Skoda ed è morto sul colpo, nel campo di fianco alla strada tra i papaveri e le spighe di grano (FOTO). 

MORTALE RECANATI_31238706_104640
MORTALE RECANATI_31238706_104640

Al volante dell’auto c’era un ragazzo ancora più giovane, 23 anni da compiere, nato a Recanati, ma residente con la famiglia a Villa Costantina, una frazione di Loreto. Anche lui ormai era vicino a casa, ma ieri mattina non è tornato. Non si è accorto di nulla – così avrebbe riferito ai poliziotti –, ha sentito un colpo secco e si è fermato, poi ha telefonato al padre. Ora è indagato per omicidio stradale: è risultato positivo al primo accertamento sull’alcol effettuato col «precursore» (anche se ininfluente dal punto di vista delle indagini) e all’ospedale di Civitanova gli hanno fatto le analisi del sangue e delle urine, per verificare se effettivamente guidasse sotto l’effetto di alcol o droghe. 

La Tragedia s’è consumata in via Scossicci, una stradina secondaria che corre al confine tra Porto Recanati e Loreto. Il 25enne aveva salutato da poco gli amici in disco, tornava a casa in bicicletta, lui camionista che con la patente lavorava, né voleva perderla per un bicchierino di troppo: non voleva correre alcun rischio. Poteva sentirsi stanco al volante, provocare un incidente e la patente gli serviva per lavorare nella sua ditta di autotrasporti di Loreto.

Pedalava sul ciglio destro – secondo una prima ricostruzione, eseguita dalla Polstrada di Camerino – ma poco oltre il civico 38, a un centinaio di metri dalla chiesa della Banderuola, è stato travolto alle spalle dalla Skoda. Un attimo, un tonfo sordo. Poi lo schianto contro il parabrezza dell’auto, sfondato, la bicicletta nel campo sul bordo della strada e qualche metro più avanti il corpo senza vita di Federico, morto sul colpo all’alba tra le spighe di grano e i papaveri. Per lui non c’è stato niente da fare.

I soccorritori del 118 – sul posto l’ambulanza della Croce Azzurra di Porto Recanati e l’automedica della Croce Gialla da Recanati – hanno provato a rianimarlo per minuti e minuti con la forza della disperazione. Invano. La salma è stata composta all’obitorio dell’ospedale di Civitanova, a disposizione della magistratura. 

All'ospedale è stato portato anche l’investitore per gli esami. È indagato per omicidio stradale nel fascicolo aperto dal sostituto procuratore Rosanna Buccini. Le provette sono sotto sequestro, a disposizione della magistratura, così come la vettura. Le indagini sono affidate alla Polstrada di Camerino, sul luogo dell’incidente, con i colleghi di Macerata.

La famiglia Dottori è chiusa nel lutto, il dolore è troppo grande. Federico, 25 anni, era appassionato di calcio, giocava da anni nel Loreto calcio, dove la squadra e l’allenatore Giovanni Pespani lo ricordano come un ragazzo onesto, appassionato del suo Milan. Era anche un volontario della Protezione civile di Loreto e quando aveva un momento libero gli piaceva andare a pesca.

"Preghiamo per la sua famiglia", ha detto nello sconcerto il sindaco di Loreto, Paolo Niccoletti. C’è anche tanta rabbia però, espressa da molti loretani sull’investimento. "La nostra città ha un angelo in più in cielo, ma in questo momento la cosa più giusta da fare è restare in silenzio, pregare per le famiglie e riflettere sul valore e sul senso della vita. Il resto, ora, non deve trovare spazio", dice commosso il consigliere comunale, Roberto Bruni, che abita vicino alla famiglia Dottori. A fargli eco è don Paolo Volpe. "Ci sono due famiglie nello strazio – dice –. Tutta la nostra città è nel dolore e quando realmente si prova dolore ciò che si preferisce è il silenzio".