di Paola Pagnanelli
Piogge violente ed esondazioni devastanti: l’emergenza ambientale dei mesi scorsi ha riportato l’attenzione sulla manutenzione di fiumi e corsi d’acqua. Sull’onda dell’emotività, sono circolate le opinioni più varie in merito a quanto si dovrebbe fare o non fare dentro e fuori dagli argini. Ma tra chi con costanza sorveglia le condizioni dei fiumi ci sono i carabinieri forestali, a cui spettano i compiti di polizia idraulica. "La prima cosa da dire è che in generale si fa meno manutenzione, in campagna come in città – esordisce il colonnello Daniele Ardiccioni, comandante provinciale –. Dai campi ai tombini, un tempo le condizioni generali erano molto migliori. E così un evento atmosferico può diventare eccezionale anche quando non lo sarebbe". "Dal punto di vista idrogeologico – spiega il colonnello Simone Di Donato, comandante di Nuclei investigativi – il dato da cui partire è che l’acqua scende dai monti al mare, e in mezzo c’è l’uomo. Oggi ci troviamo con maggiore antropizzazione e un regime giuridico antico, il regio decreto del 1904, cui si è aggiunto il testo unico ambientale del 2006. Noi imputiamo spesso ai cambiamenti climatici alcuni fenomeni, e in effetti è vero che ci sono piogge più intense, ma c’è anche una maggiore antropizzazione, che ha portato a una estesa impermeabilizzazione del suolo, e poi abbiamo una scarsa manutenzione dei fiumi e ancora più dei fossi secondari".
In che consiste e che effetti ha l’impermeabilizzazione del suolo?
"Che ci sono più aree asfaltate, dove l’acqua non viene assorbita dal terreno ma corre a valle, verso il fiume. Il tempo di corrivazione è più veloce. Arriva più acqua più velocemente. Inoltre spesso i fiumi sono stati rettificati, per consentire le costruzioni, e anche questo aumenta la velocità dell’acqua".
Ma allora gli alberi vanno lasciati o no vicino ai fiumi?
"Il regio decreto impone una fascia di rispetto assoluto di 10 metri dal fiume su cui non si può intervenire, a meno che non ci siano autorizzazioni ben motivate. La fascia riparia serve. Se tagliamo gli alberi in un tratto del fiume, facciamo danni a valle perché gli alberi rallentano la velocità. Inoltre, quando si interviene in un tratto si deve sempre tenere a mente cosa è stato a monte e cosa c’è a valle, se sono state fatte rettificazioni, e se ci sono fossi secondari".
Un altro tema spesso agitato durante le esondazioni: la ghiaia. Va tolta o no? Aiuta il ripascimento naturale in mare o no?
"Oggi scontiamo ancora i prelievi incontrollati fatti negli anni ‘70 e poi vietati. Anche sulla costa paghiamo ancora per quei danni, in termini di erosione. Ma anche in questo caso, può essere necessario intervenire dove ci sia un accumulo eccessivo: l’alveo sospeso è pericoloso per le esondazioni".
Quale autorità tiene sotto controllo gli interventi sui fiumi?
"Il genio civile. Sicuramente si potrebbe semplificare la burocrazia, ma si deve tenere a mente che il fiume è un sistema complesso su cui interferiscono più fattori. Si parla di bacini infatti, per ricomprendere anche i fossi e le aree intorno. Poi, dobbiamo anche sapere che 6.600 Comuni italiani, l’82 per cento, sono a rischio idrogeologico. E la città intorno al fiume purtroppo è vittima ma anche artefice del danno".
Cosa si può fare per ridurre i rischi?
"Il rischio è un’equazione, il prodotto di pericolosità e vulnerabilità. I pianificatori dovrebbero ridurre le vulnerabilità. Servono ad esempio vasche di espansione, e manutenzione costante e attenta, ad esempio per portare via rami e alberi caduti".
Cosa fanno i carabinieri forestali in questo campo?
"Ci occupiamo di polizia idraulica. Facciamo il monitoraggio del livello dei fiumi, vediamo se ci sono ostacoli al flusso, e poi captazioni, derivazioni, piantagioni o costruzioni abusive. Le 11 stazioni forestali, sotto il controllo del comando provinciale, fanno controlli tutto l’anno e in particolare in estate, quando fiumi sono più in magra. In particolare controlliamo la captazione da parte delle centrali idroelettriche del bene pubblico, accertando che la quantità d’acqua rilasciata nell’asta fluviale sia superiore al livello minimo per la vita. Chi non rispetta la legge rischia da 2mila a 10mila euro di multa per le piccole captazioni, da 8mila a 50mila euro per le captazioni massicce".
Ci sono molte violazioni?
"Nel 2021 abbiamo scoperto 4 illeciti, e in 30 controlli di polizia abbiamo fatto tre denunce alla procura. Nel 2022 ci sono state due sanzioni alle centrali per rilascio inferiore al livello minimo per la vita, e abbiano denunciato due casi, una escavazione in alveo e un muraglione per convogliare più acqua alla centrale".