Coronavirus, Veronica Berti. "Doniamo tablet ai bimbi che studiano a casa"

Intervista a Veronica Berti, moglie di Andrea Bocelli e presidente della Fondazione: "Il nostro aiuto per dare educazione di qualità"

Veronica Berti, moglie di Andrea Bocelli

Veronica Berti, moglie di Andrea Bocelli

Macerata, 28 aprile 2020 -«L’accesso all’educazione è da sempre il fulcro dell’attività della Andrea Bocelli Foundation, per questo abbiamo deciso di offrire un supporto concreto alle famiglie, ai bambini, agli educatori potenziando la didattica a distanza. In questo momento di emergenza mondiale, circa il 91% dei bambini sta portando avanti la didattica da casa o dagli ospedali e, in Italia, non tutti hanno a disposizione un pc o un tablet per seguire le lezioni e le famiglie stanno affrontando tante difficoltà per cercare di uscire al meglio da questo periodo".

La rinascita parte dalla formazione dei più piccoli e, anche durante l’emergenza, la Andrea Bocelli Foundation ha deciso di sostenere le tante famiglie che lottano affinché i loro piccoli non restino indietro e, come racconta Veronica Berti, moglie del tenore Andrea Bocelli e presidente della Fondazione, ora si è pronti a partire per la fase due. Appena scoppiata l’emergenza avete avviato una raccolta fondi per il sostegno degli ospedali, tra cui queli di Camerino e Macerata, per la seconda fase a cosa avete pensato? "Il progetto che stiamo c ompletando in queste ore prevede diversi step. Grazie ai fondi raccolti sulla piattaforma che avevamo creato per la fase dell’emergenza, vogliamo donare 100 tablet nelle nostre scuole, oltre ad altri tablet e pc alle scuole all’interno degli ospedali in modo che tutti possano apprendere a distanza, in linea con quanto stabilito dall’obiettivo 4 delle strategia di sviluppo sostenibile dell’Onu: ‘Fornire un’educazione di qualità, equa, inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti. Poi vogliamo creare una biblioteca di devices per consentire agli studenti di connettersi con gli educatori, elaborare una piattaforma per l’accesso immediato ai contenuti on line e formare un "tastierista digitale", un bibliotecario 4.0 che possa supportare genitori e insegnanti". Siete partiti da Haiti, poi c’è stata la ricostruzione delle scuole distrutte dal terremoto del 2016, ora l’emergenza Coronavirus. Come è cambiata l’attività della Fondazione in questi anni? "Non era possibile rimanere fermi in un momento in cui l’Italia aveva bisogno. Andrea è sempre stato un uomo sensibile ai bisogni del prossimo, che ha risposto sì a chiunque ne avesse bisogno. Come ripete spesso lui è come essere seduti a un tavolo con degli amici, ma solo tu puoi mangiare mentre loro restano affamati. Non si può provare gioia in questa situazione, per cui da 17 anni come famiglia ci siamo messi a disposizione degli altri ed è nato il progetto ad Haiti per distribuire acqua, cure mediche e per favorire l’educazione. Da nove anni, poi, abbiamo deciso di mettere a disposizione le nostre esperienze e le nostre skill per promuovere e sostenere progetti nazionali e internazionali e per far sì che ci fosse la massima trasparenza su ogni centesimo ci venisse donato". Il superamento delle barriere e la possibilità di dare a tutti le stesse occasioni di crescita sono nel Dna della Fondazione, come vive tutto questo? "È un qualcosa di cui non potrei fare a meno. Quando ci rende conto che ognuno di noi può fare qualcosa per gli altri è una sensazione che ti riempie la vita. Vivere con una persona come Andrea che dà voce a chi non ne ha ti porta a dire che non puoi fare diversamente".