Alessandro Feliziani Da dieci anni la Biennale dell’Umorismo nell’arte di Tolentino (Biumor) viaggia insieme a Popsophia, un festival di successo anche in altre città, che coniuga la riflessione filosofica con i fenomeni pop della cultura di massa. Una formula originale, che ha la capacità di affrontare temi seri con leggerezza, ma senza superficialità. Per questo è un festival perfino utile. Nel caso di Tolentino, però, la “contaminazione” tra Popsophia e la Biennale dell’Umorismo nell’arte rischia di ingessare in un’unica corazza due manifestazioni nate in epoche diverse e con diverse finalità. Insomma, si rischia di snaturarle entrambe, confondendo l’una con l’altra o facendole credere un tutt’uno. Già il nome Biumor&Popsophia con quella e commerciale, che nel linguaggio corrente identifica proprio la fusione di due entità, finisce per confondere. Nella bella edizione del festival di quest’anno, in cui è stato affrontato l’interessante tema della nostalgia, ha debuttato il premio “Comedy Report”, rivolto a forme di comicità tra cinema, tv, web, social. Già dalla presentazione era apparso chiaro l’accostamento ancora più stretto del premio con la Biennale, ma comicità e umorismo non vanno proprio a braccetto. La prima tende a strappare una risata per divertire e non sempre o quasi mai raggiunge lo scopo della seconda, che è quello di indurre a riflettere col sorriso e l’ironia. Peraltro, proprio uno dei vincitori del premio, Federico Palmaroli, creatore de ’Le più belle frasi di Osho’, ha dichiarato al Carlino: "Osho non ha nessuna intenzione di far riflettere, vuole solo far sorridere", che è esattamente il contrario di ciò che si propongono i ’maestri’ dell’arte umoristica e delle finalità che animarono gli ideatori della Biennale. Popsophia e Biumor sono due manifestazioni preziose per Tolentino, ma hanno bisogno di seguire ognuna una propria strada. Sono come due rotaie, che, solo mantenendo tra loro la giusta distanza, possono condurre molto lontano.