Camerino, maxi frode fiscale. Sequestri per oltre 11 milioni di euro

Decine di imprese emettevano e utilizzavano fatture false

La Guardia di Finanza al lavoro

La Guardia di Finanza al lavoro

Camerino (Macerata), 12 dicembre 2019 -  Decine di imprese, tra cui alcune della nostra provincia, emettevano e utilizzavano fatture false. Una maxi frode fiscale (VIDEO) è stata scoperta dai finanzieri della Tenenza di Camerino: in corso di esecuzione ci sono sequestri patrimoniali per oltre 11 milioni di euro. Sono finite nel mirino decine di aziende nelle province di Macerata, Firenze, Prato e Roma, che operavano nel settore del commercio di abbigliamento con punti vendita nelle Marche, in Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Umbria e Abruzzo.

La complessità delle frodi realizzate, l’entità delle somme evase, il notevole giro di false fatturazioni, il numero dei soggetti coinvolti ed i particolari tecnicismi ideati e posti in essere, hanno visto il coinvolgimento di un professionista del Maceratese, quale tenutario delle scritture contabili di diverse delle imprese coinvolte nella frode fiscale.

In esito alle indagini svolte, il gip del tribunale di Macerata Claudio Bonifazi ha disposto, su richiesta del procuratore Giovanni Giorgio, il sequestro per equivalente di beni e disponibilità finanziarie fino a concorrenza delle imposte evase, nei confronti di sette degli indagati, tra cui questo professionista. Il provvedimento cautelare ha già consentito di sottoporre a sequestro 4 immobili, di cui due villette, oltre mezzo milione di euro in depositi bancari, 6 autovetture e una moto di grossa cilindrata.

L’articolata indagine di polizia economico-finanziaria e giudiziaria è stata coordinata dal procuratore Giorgio e dal sostituto procuratore Vincenzo Carusi. Il modus operandi scoperto dalle Fiamme Gialle Camerti, prevedeva la creazione di numerose società «cartiere» intestate a prestanome (risultati nullatenenti e/o irreperibili) e utilizzate per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti in favore di altre imprese, al contrario «sane», le quali, grazie agli indebiti risparmi fiscali, erano in grado di acquisire sempre maggiori quote di mercato realizzando, tra l’altro, una sleale concorrenza a danno degli imprenditori onesti.

Le ricerche hanno accertato che le imprese coinvolte nella frode fiscale sono risultate connotate da un limitato arco di tempo di operatività, a cavallo di due o tre annualità, e dal regolare assolvimento degli obblighi dichiarativi (in modo da eludere il sistema degli alert predisposti dall’amministrazione finanziaria per le imprese cosiddette «apri e chiudi»), seppur senza mai provvedere ad effettuare alcun versamento delle imposte dovute. Il sistema di frode prevedeva che le ditte in questione cessassero improvvisamente la propria attività, nonostante apparentemente godessero di fatturati in costante aumento e trasferissero il loro portafoglio clienti ad un’altra ditta nascente, con analoghe caratteristiche, rigenerando in tal modo l’attività imprenditoriale in una nuova impresa che, di fatto, operava sempre in un meccanismo di sostanziale continuità aziendale. All’irreperibilità dell’imprenditore, conseguiva quasi sistematicamente l’occultamento o la distruzione della documentazione contabile.

In molti casi, come emerso dalle indagini, il professionista della nostra provincia coinvolto si è prestato a compartecipare in queste consorterie criminali sia fornendo il proprio supporto tecnico-professionale sia sostituendosi ai titolari giuridici, attraverso l’utilizzo dei dispositivi per la firma digitale (smart cards) e della casella di posta elettronica dell’azienda, di cui possedeva le credenziali, nonché attraverso la predisposizione di fogli firmati in bianco, ricevendo, quale corrispettivo delle prestazioni, oltre che la già cospicua parcella professionale pattuita, altre utilità di vario genere e partecipazioni societarie.

È stato inoltre riscontrato che il consulente aveva sovente anche il compito di effettuare transazioni finanziarie delle ditte di comodo, mediante l’esecuzione di ordinativi in remoto home banking, questo grazie all’utilizzo dei token (dispositivi elettronici portatili necessari all’autenticazione per l’effettuazione di operazioni online) dei quali aveva le credenziali d’accesso. Continua la lotta all’evasione fiscale da parte della Guardia di Finanza.