Giornata della Memoria Macerata, Maria nascose Ivo nel forno e gli salvò la vita

Nelle campagne di Appignano trovò riparo un ebreo anconetano. I fascisti tornarono una seconda volta e fu provvidenziale un armadio

L’esposizione della targa in onore di Maria Principi Mancinelli

L’esposizione della targa in onore di Maria Principi Mancinelli

Macerata, 27 gennaio 2023 – Era una fredda mattina invernale, una di quelle con gelo e vento. Il calendario indicava il 19 febbraio 1944 e l’ebreo anconetano Ivo Loewenthal e Zoe Stacchetti si erano appena sposati. Stavano festeggiando in una casetta di Appignano, insieme ai loro genitori, quando irruppe la polizia fascista. Cercava ebrei e loro erano proprio lì. Ivo intuì la pericolosità della situazione e fuggì dalla finestra.

Il padre, Guido, si offrì come ostaggio per salvare la moglie paralitica, ma non ci fu nulla da fare. Partirono entrambi per un viaggio di sola andata: la mamma di Ivo, Eugenia Carcassoni, morirà nel tragitto, mentre il marito incontrerà la morte nelle camere a gas di Auschwitz. A ripercorrere quei momenti, è Alessandra Mancinelli, pronipote di Maria Principi, che nascose (e salvò) Ivo dalla furia nazifascista: "Ivo fuggì per le campagne e percorse circa 3 chilometri sotto la neve.

Chiese aiuto nelle varie case, ma gli venne negato. Poi, arrivò al nostro casolare. A casa dei miei bisnonni, gli aprì la porta Maria". La donna, allora 59enne, si accorse di conoscere quel ragazzo sulla trentina d’anni: "Lei dai Loewenthal acquistava ventagli per il camino. Maria aveva 8 figli e un forte istinto materno. Per lei, Ivo sarebbe potuto essere suo figlio".

Così, lei e suo marito, Giovanni Mancinelli, accolgono quel giovane ebreo che altrimenti sarebbe finito nel mirino di un fucile o in un campo di concentramento: "Tutti si adoperarono per nascondere Ivo – spiega Alessandra -. E siccome il forno esterno era pronto per cuocere il pane, con la legna già dentro, beh, decisero di togliere la legna e di mettere Ivo all’interno. Dopo qualche istante, arrivò la polizia fascista chiedendo se la famiglia Mancinelli avesse visto Ivo. Tutti i nostri vicini delle case precedenti confermarono che quel ragazzo era passato di lì chiedendo aiuto. I miei bisnonni, però, negarono tutto. E intanto – precisa Alessandra – Ivo era dentro il forno. La polizia fa quindi una prima perquisizione in casa, senza trovare nessuno. Gli ufficiali gridavano: ‘Se troviamo l’ebreo a casa vostra, fuciliamo lui e voi’, ma poi ripartirono sulle sue tracce".

I Mancinelli, con la polizia ormai lontana, si tranquillizzarono: "Intorno alle 12, fanno quindi sedere Ivo in cucina e gli servono il pranzo. Era molto infreddolito, perché il forno in cui era nascosto era all’esterno del casolare". All’imbrunire, la polizia fascista tornò: "I sottufficiali si chiedevano come fosse possibile che i nostri vicini avessero visto Ivo e dopo la nostra casa, invece, se ne fossero perse le tracce. Erano sicuri che si trovasse a casa iniziarono la seconda perquisizione. ‘Tirate fuori l’ebreo – ripetevano – altrimenti bruciamo casa con voi dentro e il primo che scappa lo fuciliamo all’istante’. Così, mentre iniziava la perquisizione, Ivo venne nascosto dentro l’armadio della stanza di Maria, dietro le sue lunghe vesti".

A quei tempi, "l’unica fonte di luce erano le candele, le lampade o le torce. Gli agenti misero tutto a soqquadro e quando arrivarono nella camera di Maria spalancarono gli armadi. Ivo fu fenomenale, trattenne il respiro e i poliziotti non si accorsero di lui. Richiusero l’armadio e se ne andarono per la seconda volta a mani vuote. "Però, in famiglia, nessuno era più al sicuro – continua Alessandra – e si decise di chiedere aiuto al cugino di mio nonno, Elio Mancinelli, alleato coi partigiani della compagnia di Alvaro Litargini, a Poggio San Vicino. Elio accettò di portare Ivo in montagna". Il ragazzo partì con una valigia fatta alla bell’e meglio: "La mia bisnonna gli diede delle scorte di salame, pane e vino". Quasi al termine della guerra, Ivo tornerà ad Ancona, la sua città: "Era ridotto in miseria e chiese una bici – che riconsegnò terminato il conflitto – per raggiungere il capoluogo e trovare lavoro".