I dubbi della Cassazione sulla violenza "Non sciolto il nodo del consenso"

Le motivazioni della sentenza che ha rinviato la questione dell’aggravante alla Corte d’appello di Perugia "Da Oseghale freddezza e capacità di previsione, supplemento istruttorio sul rapporto sessuale"

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di Paola Pagnanelli

"Freddezza e capacità di previsione" nell’uccidere e nel fare il possibile per nascondere le prove. Ma valutazioni contraddittorie nel motivare la violenza sessuale. Così scrivono i giudici della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui, il 23 febbraio, hanno confermato in via definitiva per Innocent Oseghale la condanna per l’omicidio di Pamela Mastropietro, ma hanno rinviato alla corte d’appello di Perugia la questione dell’aggravante della violenza sessuale, circostanza che potrebbe mettere a rischio l’ergastolo. Un appello bis dunque dovrà essere fissato in Umbria, per riesaminare i fatti che portarono alla morte della 18enne romana, fuggita dalla Pars di Corridonia il 28 gennaio 2018, e ritrovata in pezzi in due trolley a Pollenza due giorni dopo. La Cassazione condivide il percorso seguito in primo grado e in appello ad Ancona sull’omicidio, alla luce delle documentate consulenze dei professori Rino Froldi e Mariano Cingolani, pur nelle difficoltà dell’assenza di sangue e del lavaggio con la candeggina del corpo di Pamela: l’eroina era stata smaltita dalla ragazza, che non era morta di overdose ma a causa delle due coltellate ricevute al fegato. "Le considerazioni relative alla fragilità della Mastropietro, che aveva di certo un vissuto costellato di difficoltà correlate all’abuso di stupefacenti risultano del tutto astratte in ragione del contenuto degli esami tossicologici e istologici, che hanno logicamente escluso che l’assunzione della sostanza possa aver determinato il decesso della donna – spiegano i giudici nella motivazione –. In quel momento è solo Oseghale a conoscere il reale determinismo della morte, e il gesto di occultamento di "quei lembi" del tessuto posti in corrispondenza di "quelle" ferite è altamente indicativo (e dunque indiziante) della volontà di ostacolare un accertamento tecnico sul decesso". Quanto all’accusa di aver violentato Pamela, in primo grado era stata motivata con la condizione della ragazza, per via del suo disturbo della personalità e dell’assunzione dell’eroina. La corte di appello di Ancona invece aveva valorizzato il fatto che il rapporto con Oseghale fosse non protetto, al contrario di quanto avvenuto prima con altri uomini. Pur in un contesto ricostruttivo reso estremamente difficile dalla scarsità degli elementi cognitivi sul fatto "non apparendo attendibile la versione dell’imputato, tardiva e inverosimile rispetto al luogo di consumazione", i giudici ritengono che la sentenza di appello "non sciolga in modo comprensibile il nodo relativo alla validità o meno, in assoluto, del consenso al rapporto e non fortifichi, per converso, l’ipotesi del dissenso al rapporto non protetto attraverso, se del caso, un supplemento istruttorio teso a coinvolgere i soggetti che erano poco prima entrati in contatto con la Mastropietro".