I giovani volontari al lavoro "Vogliono dare una mano, non si fermano un attimo"

Edoardo beni, Pietro ricci, Liam Cirioni, Gianmaria Bentivogli, Edoardo ruani e Matteo bucosse

Edoardo beni, Pietro ricci, Liam Cirioni, Gianmaria Bentivogli, Edoardo ruani e Matteo bucosse

"Non si sono fermati un attimo, hanno smesso di andare a scuola o di andare a lavorare, questi ragazzi, poco più che maggiorenni, volevano restare qui, a dare una mano come potevano. E l’hanno fatto". Chi li conosce, parla così di loro: sono Edoardo Beni, Pietro Ricci, Liam Cirioni, Gianmaria Bentivogli, Edoardo Ruani e Matteo Bucosse. Da lunedì, quando è arrivata l’alluvione a Sforzacosta, sono passati da una casa all’altra: portano fuori mobili e oggetti, spalano il fango, aiutano in caso di bisogno. "Io lavoro con mio padre, abbiamo una ditta – racconta Cirioni –, ma negli ultimi due giorni mi sono dedicato a questo, abbiamo usato le ruspe della nostra azienda per liberare dove serviva, tutto gratis, naturalmente. C’è da dire che non è venuto praticamente nessuno ad aiutarci". A uno di loro, all’ultimo anno di scuola, che in questi giorni ha "disertato" per restare ad aiutare vicini e amici, la professoressa ha detto: "Hai fatto bene, bravo". L’altra sera, sono stati tutti ospiti del bar Dino e Dina: un piccolo momento di pausa per stare insieme, prima di rimettersi all’opera, gli stivali e le magliette piene di fango. Con il passare dei giorni, mentre si contano i danni, cresce anche la rabbia: in tanti hanno perso beni materiali e ricordi preziosi, e qualcuno ci ha rimesso anche l’abitazione, invasa dal fango e dall’acqua venuta dalle fogne. È il caso di Alessandro Ciurlanti: ieri, è riuscito a convincere la madre a buttare via tutto: "C’erano mobili di quando si è sposata, 40 anni fa, è uno strazio – spiega –, in casa l’acqua arrivava fino al ginocchio. L’odore poi è insopportabile. Quella notte, infatti, dai rubinetti e dal water usciva l’acqua delle fogne. I miei hanno dovuto trascorrere due notti nel camper, anche io sono andato a dormire altrove. Dicono che puliscono il fosso, ma cosa puliscono? Solo le parti in vista, quelle coperte no. Questa situazione si poteva evitare".

"Ho chiamato in Comune – le parole di Nicola Nardi, che a Sforzacosta ha un negozio di allarmi e sistemi di sicurezza –, ho chiesto come si pensa di intervenire per evitare altri episodi simili, mi hanno detto che non ci sono i soldi per fare grossi interventi. Assurdo. La tragedia, stavolta, è stata scampata. Per poco però". Lunedì, "stavamo facendo cena in casa, in via Borgo Sforzacosta, quando i vicini ci hanno chiamato: ’Il fosso sta esondando’. Io ho un bimbo di 5 anni e uno di 9 mesi, quella notte non abbiamo chiuso occhio, abbiamo vegliato a turno per controllare il fiume. Non bisognava arrivare a questo punto. Ogni anno mi batto per la pulizia del fosso, la mettono in atto, ma con esiti scarsi". Rosalba Scarabotto (nella foto piccola), della Protezione civile e mamma di una residente di via Tano, una delle strade più colpite, premette un immenso grazie alla Protezione civile per il lavoro incessante ma poi fa notare che "se il fosso fosse stato tenuto meglio, non sarebbe successo. È ora di metterci mano come si deve. Non possiamo vivere nell’emergenza continua. Se dovesse arrivare un’altra bomba d’acqua? I danni ci sono. L’argine è rovinato, bisogna intervenire subito. È urgente anche un sopralluogo sul fosso, ci sono piante che stanno per cadere. Non è un rischio solo per le case, potrebbero fare da tappo".

Chiara Gabrielli