Il capitale umano è la chiave per resistere

Alessandro

Feliziani

Anni fa, in un convegno ad Abbadia di Fiastra sull’impatto della crisi mondiale del 2008 nell’economia locale, un imprenditore della nostra provincia fece un intervento tutt’altro che catastrofistico. Il suo ottimismo si basava su quella parte del patrimonio delle imprese maceratesi non iscritta nei bilanci aziendali: il capitale umano. Ovvero quel fattore – disse –, che, oltre ad intelligenza, creatività e sapienza delle mani, vanta valori umani ed etici, che si riflettono in un forte attaccamento al lavoro e in un non comune senso di appartenenza all’azienda. La sua conclusione fu che, investendo su tale patrimonio umano, vera ricchezza dei nostri paesi, sarebbe stato più facile superare quel momento e le crisi future.

Probabilmente ciò che gli imprenditori locali sembravano ignorare, fuori dai nostri confini era già noto. Negli ultimi lustri, infatti, molte aziende maceratesi sono state acquisite da gruppi industriali italiani e stranieri, che poi si sono ben guardati dal delocalizzare e dal rinunciare alle maestranze locali. Gli esempi non mancano: da Poltrona Frau a iGuzzini illuminazione – ora rispettivamente a guida americana e svedese – fino ai calzaturifici entrati nell’orbita di brand del lusso come Gucci, Hugo Boss o Valentino.

Le aziende maceratesi sono state attrattive anche in passato, specie quelle storiche, come le tolentinate Nazareno Gabrielli e Cartiera Porcelli, ora – con nomi e mission diversi – facenti capo a imprenditori lombardi e veneti. È di poche settimane fa l’investimento di una holding milanese nella centenaria Conceria del Chienti, mentre il leader mondiale dalle vernici sta acquisendo in questi giorni un’altra eccellenza imprenditoriale, la Ica di Civitanova. Il trend di crescita nelle esportazioni e la recente classifica regionale elaborata dalla Fondazione Merloni mostrano come le aziende maceratesi possano vantare una non comune capacità di resilienza, soprattutto grazie ad un invidiabile capitale umano.