
"Il rischio prescrizione c’è, speriamo che ne tengano conto. Ripeteremo per sempre che la prescrizione significherebbe non solo un’offesa per le vittime e per noi familiari, ma anche una gravissima sconfitta per lo Stato, che sarebbe incapace di dare loro giustizia". È il grido d’allarme dei genitori di Emanuele Bonifazi, Egidio e Paola Ferretti, che morì a 31 anni sotto le macerie dell’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara) dove lavorava come receptionist. Era il 18 gennaio 2017 quando venne giù la montagna e la valanga seppellì 29 persone. Tra queste, anche un altro maceratese, Marco Tanda, 25 anni, di Castelraimondo, pilota Ryanair che in quel resort stava trascorrendo qualche giorno di vacanza con la fidanzata Jessica Tinari, morta anche lei. I familiari delle vittime vanno in pressing per scongiurare la prescrizione: dopo il primo grado, c’è ora attesa per la Corte d’Appello. Da indiscrezioni il processo d’appello a l’Aquila dovrebbe iniziare a dicembre: solo se si andrà molto veloci si riuscirà quindi ad arrivare a una sentenza entro luglio, quando scatta la prescrizione.
"Noi confidiamo nella Corte d’Appello – dicono i genitori di Emanuele –. Siamo fiduciosi, speriamo che facciano veloce e ci facciano rientrare nei tempi, che scadono a luglio". Attendere è uno strazio, il dolore è come il primo giorno, ripetono i familiari: ma non hanno perso la speranza di avere giustizia. "Siamo ancora in attesa di conoscere le date delle udienze d’appello – così la mamma di Emanuele –. Il processo di Rigopiano rischia di cadere in prescrizione e sarebbe gravissimo se il processo per una tragedia che si poteva e si doveva evitare dovesse concludersi in modo tanto indegno, incivile, vergognoso. Il tempo passa inutilmente, tempo prezioso per evitare che la strage, vergogna e fallimento dello Stato sul territorio abruzzese, cada nell’oblio del ‘nessun colpevole’, nonostante le innumerevoli e inequivocabili contraddizioni esposte nell’impugnazione della sentenza di primo grado dai procuratori di Pescara che seguono la vicenda. Se ciò dovesse accadere, sarebbe un ulteriore fallimento dello Stato e l’ennesima beffa per noi e per tutti gli italiani".
Il pensiero è lo stesso del comitato vittime, che raggruppa i parenti delle 29 persone morte nel crollo dell’hotel. "Dal 23 febbraio scorso – sottolineano dal comitato – dopo la sentenza di primo grado, ingiusta e inaccettabile per noi e per tutti gli italiani che ci seguono, abbiamo atteso 90 lunghi giorni per conoscerne le motivazioni, poi altri 45 aspettando l’impugnazione da parte della procura di Pescara, depositata il 4 luglio scorso". La sentenza di primo grado si era conclusa con quasi tutte assoluzioni (25 assolti e 5 condannati). Gli imputati erano accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizio. Oggi, "29 anime innocenti aspettano ancora la piena verità e la vera giustizia. Quanta rabbia per la giustizia che vi è stata negata – scrive Paola Ferretti, riferendosi al figlio –. Finché avremo fiato, fino alla fine, lotteremo per mantenere la promessa che ti ho fatto con l’ultimo bacio". Qualche giorno fa era il compleanno di Emanuele: "Buon compleanno tesoro nostro – le parole che i suoi genitori hanno voluto dedicargli –. Oggi avresti compiuto 38 anni e avremmo festeggiato in famiglia, come piaceva a te. Invece da 7 anni dobbiamo accontentarci di sistemare fiori sulla tua lapide e di pregare durante la messa che viene celebrata in tuo suffragio. È insopportabile e incurabile il vuoto che hai lasciato nei nostri cuori, anche se tu non perdi occasione di farci sentire la tua vicinanza, perché sei e sarai sempre vicino a noi".