Ci sono sempre meno artigiani. Tra il 2012 e il 2023 in provincia di Macerata ne sono spariti 4.361, visto che sono passati da 16.991 a 12.630, un crollo del 25,7%. Ci riferiamo a persone che, in qualità di titolari, soci o collaboratori familiari, svolgono un’attività lavorativa prevalentemente manuale e che, per poter contare sulla copertura previdenziale devono iscriversi alla gestione artigiani dell’Inps (altra cosa sono le imprese artigiane che, però, sono lo stesso fortemente diminuite nello stesso periodo). Il dato maceratese è poco al di sotto della media regionale: le Marche, con una riduzione del - 26,3% registrano il secondo dato più negativo d’Italia dopo l’Abruzzo (-29,2%).
È quanto emerge da una indagine dell’Ufficio studi della Cgia che lancia l’Sos: "Se questa tendenza non sarà invertita stabilmente, non è da escludere che entro una decina d’anni sarà molto difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento di riparazione/manutenzione nella nostra abitazione o nel luogo dove lavoriamo". Diversi sono i fattori che hanno determinato questa situazione, alcuni dei quali con effetti anche positivi. Una parte della riduzione del numero degli artigiani, infatti, è riconducibile al processo di aggregazione che ha interessato alcuni settori dopo le crisi 2008/2009, 2012/2013 e 2020/2021. La spinta verso l’unione aziendale ha compresso la platea degli artigiani, ma ha contribuito positivamente ad aumentare la dimensione media delle imprese, facendo aumentare la produttività di molti comparti. Questo, però, non basta a spiegare la cancellazione di un quarto degli artigiani. Pesano "lo scarso interesse che molti giovani hanno nei confronti del lavoro manuale, la mancata programmazione formativa e l’incapacità di migliorare/elevare la qualità dell’orientamento scolastico".
Secondo la Cgia, poi, l’invecchiamento progressivo della popolazione artigiana dovuto ad un insufficiente ricambio generazionale, la feroce concorrenza esercitata dalla grande distribuzione e dal commercio elettronico, il boom del costo degli affitti e delle tasse nazionali-locali hanno costretto molti artigiani a gettare la spugna.
E c’è anche una "responsabilità" dei consumatori che in questi ultimi dieci anni hanno cambiato radicalmente il modo di fare gli acquisti, sposando "l’usa e getta", preferendo il prodotto fatto in serie e consegnato a domicilio: la calzatura, il vestito o il mobile fatto su misura sono ormai un vecchio ricordo, il prodotto realizzato a mano è stato scalzato dall’acquisto scelto sul catalogo on line o preso dallo scaffale di un grande magazzino. Una situazione che produce anche un forte impatto sociale. "Con meno botteghe e negozi di vicinato – evidenzia la Cgia - diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani. Una quota sempre più numerosa della popolazione italiana che conta più di 10 milioni di over 70. Non disponendo spesso dell’auto e senza botteghe sotto casa per molti di loro fare la spesa è già diventato un problema". Non tutti i settori artigiani hanno subito la crisi: quelli del benessere e dell’informatica presentano dati in controtendenza.