Macerata, 19 agosto 2023 – Cala il sipario sul Pozzo e sui suoi 40 anni di storia, cultura, musica e incontri al civico 5 di vicolo Costa, nel cuore del centro storico: entro la fine dell’anno sarà solo un ricordo. Aperto nel marzo 1984, locale unico nel suo genere, è stato crocevia di idee, amicizie, amori, scambi letterari, accese discussioni politiche e filosofiche. Qui si sono formate decine di famiglie, che ancora oggi si incontrano tra questi tavoli. Cento coperti dentro, 25 nel vicolo e 40 d’estate nella piazzetta, il Pozzo è quel posto dove si va a colpo sicuro, sapendo che non deluderà, che vi si incontrerà questo o quell’amico, sapendo che si potrà mangiare anche se quella sera si è fatto tardi. Chiunque ci sia passato sa che è molto più di un ristorante-pizzeria, più di un semplice ‘Bistrot e Cucina’.
Chet Baker, Karlheinz Stockhausen, Magdalo Mussio, Dante Ferretti, Pier Luigi Pizzi, Dario Fo, Enrico Rava, Paolo Piangiarelli, Massimo Urbani, Mike Melillo, sono solo alcuni dei grandi personaggi che si sono fermati tra queste mura. I titolari, i gemelli Francesco e Paolo Bragoni, non riescono a non commuoversi. "Siamo costretti a chiudere per oggettive difficoltà economiche – spiegano, voce strozzata, più tristezza che rabbia –, c’è uno sfratto in corso. L’affitto è altissimo, dura stare dietro a tutto. I problemi? Molti sono condivisi con gli altri colleghi. C’è stato il terremoto, poi il Covid, per non parlare dell’ultima crisi energetica che ha atterrato le attività commerciali. Abbiamo investito moltissimo su questo posto, con una ristrutturazione costosissima e nel 2000 abbiamo aperto la seconda parte del locale". Quest’anno non si è visto nemmeno il Pozzo Estate in piazza Oberdan: "Ci abbiamo rinunciato sia per mancanza di personale sia per la ristrutturazione di Palazzo Costa ancora in corso, c’è sempre l’impalcatura, poi ci hanno fatto capire che non eravamo presenza gradita".
Con la chiusura, restano a piedi anche 8 dipendenti. Il dispiacere è immenso, così grande che Francesco e Paolo fanno fatica a trovare le parole: "Un posto così non c’è da nessuna parte, ha una sua anima, una vita propria. Se anche un giorno riaprissimo altrove non sarebbe lo stesso, si perderebbe lo spirito del locale. Forse ci saremmo aspettati che la città ci difendesse, ma non è successo. Per anni abbiamo servito i lavoratori della lirica, anche fino a notte fonda, oltre le nostre forze, ma pensiamo alla viabilità in centro, difficile che dopo lo Sferisterio si avventurino per la scalinata di Pai Mei (le scalette) – scherzano – per venire quassù. Non ci ha aiutato poi la presenza della bancarella in piazza Oberdan il mercoledì. Ad altri locali si è andati incontro, a noi nulla".
"Abbiamo sempre cercato di adattarci ai tempi senza snaturare lo spirito del locale – incalzano –. Ora, muore Il Pozzo e con lui la cultura maceratese. Qui si sono incontrate generazioni e coppie che poi si sono sposate, negli anni ‘80, ‘90, 2000 è stato il punto di aggregazione della società cittadina". L’avventura inizia con Francesco e Paolo, l’altro fratello Carlo Bragoni, Umberto Raimondi. "In realtà nel ‘78 era nato come pub con Raimondi e altri, resistette un anno e mezzo. Poi l’abbiamo rilevato noi nel 1984. Siamo stati i primi in provincia, a quanto ci risulta, a fare musica dal vivo. E che musica. Primo concerto Lolita Dance, non ci siamo più fermati". Amano tutto di questo posto, le vecchie discussioni sono ancora nell’aria, l’arredamento aiuta a ricordare: in un angolo lo specchio di Praga di inizio Ottocento come gli appendiabiti, lo scaffale del bancone che era una antica farmacia, il divanetto rosso di una casa di appuntamenti della zona.
Le scritte sui muri, le foto. "Mio fratello Carlo si ispirò allo Strabacco di Ancona, io all’Osteria dell’Arancio di Grottammare". "Quasi dappertutto i locali storici sono tutelati perché fanno parte della cultura di un paese – le parole di Carlo Bragoni –. In questa città non sono riusciti a tutelarne uno e non parlo solo di esercizi di ristorazione, ma anche alimentari e abbigliamento, bar e osterie. Niente, tutto sparito. Noi nel nostro piccolo abbiamo reso un servizio alla città, se non altro garantendo per anni la cena ai lavoratori della lirica. Ci troviamo in difficoltà, come quasi la totalità della categoria. Dopo un periodo di crisi, dovuta anche al moltiplicarsi delle attività di settore, è arrivato il Covid, poi l’aumento vertiginoso dell’energia. Morale della favola, ci ritroviamo con uno sfratto. Per anni abbiamo fatto musica dal vivo di qualità superiore a quella che si ascolta in giro, col risultato di aver subito un processo molto oneroso per schiamazzi notturni. Oggi sembra sia possibile di tutto, dai decibel che rompono i timpani alle orinate per strada. Forse i tempi stanno cambiando troppo in fretta per noi". "Qui abbiamo vissuto di tutto – così Sabrina Sannucci, mamma di Piccolo G (di Amici) –, un peccato che chiuda". "Hai appena iniziato a leggere la frase che hai appena finito di leggere. Al Pozzo tutto è incredibile. Ma vero", recita il cartello fuori, parole dell’editore Massimo De Nardo, scomparso nel 2020. Sì, la notizia della chiusura ha dell’incredibile. Ma è la triste realtà.