Il titolo di città e il ruolo del capoluogo

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Alessandro

Feliziani

Venerdì prossimo a Palazzo Buonaccorsi il consiglio comunale terrà una seduta solenne per recepire il decreto con il quale il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito a Macerata il titolo di "Città", a riconoscimento del ruolo ricoperto nel tessuto socioeconomico e culturale, oltre che per la sua storia millenaria. Pagine di storia che Macerata ha scritto attraverso l’opera di tanti illustri cittadini, ma anche di molti maceratesi poco noti o dimenticati. Nella relazione con la quale un anno fa era stata avanzata la richiesta del riconoscimento veniva ricordato il contributo "corale" dato da Macerata al Risorgimento. Oltre cinquant’anni di storia narrata da Romano Ruffini in un libro pubblicato dall’associazione Le Casette. Dalle pagine trapela come il grande contributo, anche in termini di vite umane, dato da Macerata al processo di unificazione non abbia avuto all’epoca un riconoscimento adeguato. Subito dopo l’Unità d’Italia, infatti, Macerata iniziò a perdere, a favore di Ancona, la centralità amministrativa rivestita in precedenza nelle Marche, tanto che già nel 1862 l’allora rettore dell’università, Luigi Pianesi, si fece interprete della "delusione" dei maceratesi per quel senso di "decadenza", pronunciando un duro discorso in consiglio provinciale. Di fatto la "emarginazione" subita da Macerata a fine ‘800 si è ripetuta anche un secolo più tardi, fino ad arrivare alle più recenti perdite di servizi e uffici pubblici a favore del capoluogo di regione. Ora, nel fregiarsi del titolo di "Città", Macerata dovrebbe impegnarsi a riscattare il proprio passato. Dovrebbe farlo per sé e per l’intera provincia. Una provincia che è diventata nel frattempo la più estesa delle Marche e quella con il maggior numero di comuni.