Il vescovo con don Andrea "L’aborto non è un diritto"

Paragone con la pedofilia, monsignor Marconi: "Erano parole provocatorie contro la mentalità imperante, per criticare bisogna conoscere i testi biblici"

Migration

di Chiara Sentimenti

"Sono contro l’aborto, che non ritengo né un diritto né una conquista di civiltà, ma un fallimento sociale, quando porta a considerare una vita umana come un problema. Ogni vita, invece, è una ricchezza e sono orgoglioso quando vedo alcune persone stupende che oggi sono vive anche per il mio impegno e di tanti altri, mobilitati nell’affrontare problemi economici, psicologici o di relazione che stavano spingendo le madri verso l’aborto". È il vescovo Nazzareno Marconi a fare da scudo al vicario, don Andrea Leonesi, parroco dell’Immacolata, finito nella bufera dopo le parole pronunciate nel corso della messa che si è tenuta martedì, davanti agli universitari. Nell’omelia, infatti, il parroco, facendo riferimento a quanto sta accadendo in Polonia, dove ogni giorno centinaia di persone scendono in piazza per protestare contro l’inasprimento delle regole sull’aborto, ha chiesto se fosse più grave l’aborto o la pedofilia. "L’aborto è il più grande degli scempi. Mi verrebbe da dire una cosa: è più grave un aborto o un atto di pedofilia? – ha detto don Andrea, come è possibile verificare grazie al video della messa sul sito della parrocchia –. Il problema è che siamo così impastati in una determinata mentalità, e con questo non è che voglio dire che la pedofilia non sia niente, è gravissima. Ma che cosa è più grave?" Come ha detto don Leonesi ieri al Carlino, spiegando che con quelle parole non voleva intendere che l’aborto fosse più grave della pedofilia, ma che "si sia perso il reale senso di gravità dell’aborto", anche il vescovo spiega come il parroco abbia voluto mettere in guardia contro "una mentalità imperante". "Col linguaggio provocatorio del pensiero e della riflessione, don Andrea ha messo in guardia da una mentalità imperante, che ci fa guardare giustamente al dramma della pedofilia come a una battaglia che ci deve vedere coinvolti tutti, ma non ci mobilita allo stesso modo per garantire a ogni donna il diritto a non abortire – spiega –. Se l’aborto è l’unica scelta lasciata anche a una sola donna, perché tutta la società non ha fatto di tutto e di più per aiutarla, questa non è civiltà, ma barbarie". Il vescovo ha voluto anche spiegare il riferimento alla sottomissione della donna nel matrimonio, di cui aveva parlato don Leonesi prendendo spunto dalla lettera di san Paolo. "Sono per la famiglia e se possibile propongo a tutti la famiglia cristiana che, col bel paradosso letterario, San Paolo descrive come una perenne gara nella mutua sottomissione. Il brano di Efesini, che descrive la bellezza della vita cristiana e svela che il segreto di questa vita è proprio nel non voler dominare gli uni sugli altri, anzi nel sottomettersi nell’amore. Consiglierei a certi critici la correttezza scientifica di criticare un atto linguistico com’è un’omelia, ben diversa da un comizio, conoscendo bene il genere letterario e i testi biblici a cui si fa riferimento. Già che ci sono, incoraggerei anche certi commentatori a studiare meglio il Medioevo. Oggi nessun docente universitario competente userebbe più la metafora del Medioevo come ‘epoca di oscurantismo’, tipica di certa letteratura polemica, del ‘700".