Il viaggio della speranza dell’afghano Enaiat

Lo scrittore Geda ne ha scritto la storia in un libro letto dagli studenti. Il giovane è arrivato in Italia dopo cinque anni

Il viaggio della speranza dell’afghano Enaiat

Il viaggio della speranza dell’afghano Enaiat

Ci siamo preparati all’incontro online con lo scrittore Fabio Geda del quale abbiamo letto "Nel mare ci sono i coccodrilli". Il libro racconta il viaggio di Enaiatollah Akbari dall’Afghanistan in Europa. Enaiat è partito a dieci anni da Nava, la sua città natale, assieme alla madre che poi lo ha lasciato a Quetta in Pakistan. Dal Pakistan in Iran, per ben due volte venne rimpatriato in Afghanistan, poi l’arrivo in Turchia, da lì lo sbarco in Grecia e poi in Italia dove dopo varie vicissitudini venne accolto da una famiglia affidataria. Lui musulmano sciita dell’etnia hazara se fosse rimasto in Afghanistan sarebbe stato ucciso dai talebani. Il suo viaggio durò più di cinque anni: lavori pesanti per pagare i trafficanti di esseri umani che gli avrebbero permesso di fare piccole tappe verso l’Europa. Viaggio pericolosissimo in condizioni disumane, stretto stretto nei doppiofondo dei camion oppure nascosto in mezzo alla sporcizia. All’inizio aveva la sua "Nava tatuata sugli occhi" poi più nulla, nessun ricordo perché solo così poteva andare avanti e dare un senso al sacrificio fatto dalla mamma e dai fratelli facendolo partire.

Geda ci ha detto di aver conosciuto Enaiatollah e la sua storia alla presentazione del suo primo libro sull’immigrazione alla Fiera del Libro a Torino. Diventarono amici e Fabio si rese conto che Enaiat aveva voglia di narrare la sua storia e decise di raccoglierne la testimonianza.

Ci ha detto anche che fu colpito dalla leggerezza con cui Enaiat raccontava la sua esperienza, nonostante fosse molto triste, senza rabbia o rancore. Geda ha spiegato che il titolo "Nel mare ci sono i coccodrilli" è un’espressione usata dai talebani per mettere paura a chi vuole emigrare.

Nel libro Enaiatollah racconta molti episodi legati alla scuola, alcuni terribili come quello dell’uccisione del suo maestro che si era rifiutato di chiudere l’istituto dove insegnava e si era cosi ribellato ai talebani. Per il ragazzo afghano la scuola è molto importante ed infatti si fermava sempre con un pizzico di invidia e nostalgia a guardare gli alunni nelle aule o a giocare in cortile. Non è un caso quindi se in Italia, appena ha potuto, ha frequentato tre corsi di italiano contemporaneamente; ha superato l’esame di terza media, si è diplomato, si è laureato in scienze politiche ed ora frequenta un master in Canada. Geda ci ha spiegato che il libro è rivolto a coloro che non sanno bene cosa significhi compiere una migrazione, che non comprendono la sofferenza ed il dolore di chi lascia il proprio Paese. Questa infatti è la storia di Enaiatollah, ma è anche la storia di tutti i migranti perché, anche se cambiano i luoghi e le dinamiche, le emozioni che accompagnano coloro che fuggono dalla morte sono sempre le stesse. Certo Enaiatollah è stato fortunato, perché è riuscito a compiere il suo viaggio e ad arrivare sano e salvo in Italia, mentre molti altri ragazzi sono morti e muoiono. Questo tema ci è apparso di estrema attualità. Geda ci ha detto che ha scritto anche un altro libro su Enaiatollah "Storia di un figlio". Ora non vediamo l’ora di leggere anche questo. Marco Sbaffoni,

Ambra Zippilli

ed Elena Montecchiari III E