Incendio Orim Macerata. "Sostanze tossiche nel Chienti". Le analisi dell’Arpam in procura

Microfauna distrutta nei giorni successivi all’incendio

AL LAVORO Tristano Leoni, direttore dell’Arpam,  è in prima linea  nelle indagini scientifiche  sulle ricadute  del rogo alla Orim.  I tecnici hanno analizzato l’aria  e prelevato campioni di terra e acqua  (foto Calavita)

AL LAVORO Tristano Leoni, direttore dell’Arpam, è in prima linea nelle indagini scientifiche sulle ricadute del rogo alla Orim. I tecnici hanno analizzato l’aria e prelevato campioni di terra e acqua (foto Calavita)

Macerata, 9 ottobre 2018 - Nei giorni immediatamente successivi all’incendio della Orim nelle acque del Chienti, nel tratto a ridosso del depuratore di Sarrocciano, c’erano solventi e metalli pesanti, sostanze tossiche che hanno distrutto la microfauna, riducendo la qualità delle acque del fiume. È quanto emerge in un documento che l’Arpam ha inviato alla prefettura, alla Provincia, alla Regione, ai sindaci di Macerata e Corridonia, ai vigili del fuoco e alla procura della Repubblica. Ora, con tutta probabilità, la Provincia invierà il documento al ministero dell’Ambiente per accertare eventuali responsabilità del danno ambientale.

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Il danno c’è stato, questo è certo, ma bisogna vedere in che misura sia riconducibile al solo incendio e quanto invece possa essere attribuito ad altri fattori. L’ipotesi è che le acque di spegnimento abbiano trascinato con sé tutto quanto hanno trovato lungo il loro percorso, prima di finire nella fognatura pubblica e, da qui nel depuratore. Quest’ultimo, come accertato dall’Apm, in quello stesso periodo ha visto ridotta significativamente la sua funzionalità, proprio a causa di metalli, solventi e altre sostanze che, peraltro non riesce a trattenere: e, infatti, sono finiti nel fiume. In ogni caso il Chienti ha ricevuto acque non depurate e cariche di una quantità di materiali molto più grande rispetto a quella che naturalmente affluisce. Lo studio dei tecnici dell’Arpam, definito Ibe (Indice biologico esteso), ha avuto come scopo quello di accertare le condizioni di salute del fiume, andando a cercare tutta una serie di organismi che vanno verso il fondo: è questo un modo efficace per misurare la qualità ecologica del corso d’acqua e verificare l’intero ecosistema fluviale.

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La contaminazione è stata accertata, per fortuna, solo in un tratto vicino al depuratore (l’indagine ha rilevato che dalla foce a risalire non sono emersi problemi), e fino a una certa distanza dal punto di scarico. Un effetto circoscritto, dunque, che – però – per quanto durato, ha provocato un danno ora in fase di valutazione. Tenuto conto della dinamicità propria dei fiumi è anche probabile che, ormai, il Chienti abbia recuperato, si sia in qualche modo «autopulito» e che, quindi, l’inquinamento si sia dissolto, anche perché nel frattempo il depuratore ha ripreso la sua piena funzionalità. Per saperlo, però, sarà necessario fare ulteriori analisi delle acque, come si evince dal documento dell’Arpam.