
"Il sistema sanitario regionale delle Marche ha 18.994 dipendenti, 7.900 dei quali infermieri. Un numero, questo, del tutto insufficiente rispetto al nuovo assetto previsto dalla legge regionale entrata in vigore il primo gennaio scorso. Più interventi sul territorio e sviluppo delle Case di comunità e Case della salute richiedono almeno 600 nuovi infermieri che, come noto, non è facile trovare". Luca Talevi, segretario regionale facente funzioni della Fp Cisl, evidenzia – ancora una volta – come senza personale la sanità non fa un passo avanti e nessuna riforma diventa concreta. Quali sono i numeri per l’Ast di Macerata? "In una ottica di sviluppo della sanità territoriale, il bando regionale prevede l’assunzione in tutte le Marche di 47 infermieri, 18 dei quali, cioè più di un terzo, riguardano l’Ast di Macerata. Per le Case di Comunità e Case della salute, da qui al 2026, per il territorio maceratese servono tra i 150 e i 200 nuovi infermieri, necessari a garantire il funzionamento di queste strutture e all’erogazione delle prestazioni previste". Le assunzioni, però, procedono al rallentatore. E gli infermieri non si trovano… "Ancora persiste il tema del tetto complessivo della spesa. Bisogna creare le condizioni legislative per agevolare le assunzioni e le stabilizzazioni, superando il precariato. Ma ci sono ulteriori problemi legati a quanto sta emergendo sia a livello nazionale che regionale, in particolare il calo vistoso di coloro che si iscrivono al percorso universitario per diventare infermiere". Quali i fattori alla base di questa tendenza? "Sottoposto ad enorme stress psicofisico durante l’emergenza Covid, nella fase post pandemia l’infermiere non vede riconosciuti la professionalità e l’impegno che li aveva portati ad essere definiti ’eroi’. Come Cisl, insieme alle altre sigle sindacali, ci battiamo quotidianamente per valorizzare contrattualmente questa figura fondamentale, sia perché si tratta di un problema di equità, sia perché è in atto una doppia fuga". Quale? "Una riguarda la fuga di tanti infermieri all’estero, dove trovano migliori condizioni di lavoro e retribuzioni più elevate. La seconda riguarda la fuga dal pubblico al privato, poiché quest’ultimo risulta più attrattivo: per una migliore valorizzazione economica, ma anche perché consente l’esercizio della libera professione e di prestazioni aggiuntive". Che fare, dunque? "Bisogna riconoscere il ruolo sociale di questo lavoro, in primo luogo tutelando gli infermieri nell’esercizio della loro funzione, contrastando insulti, minacce ed aggressioni. E, poi, oltre a migliorare le retribuzioni, è fondamentale garantire una organizzazione tale da garantire carichi di lavoro ’umani’, ferie, riposi e sicurezza".