La chiusura del punto nascite, respinto il ricorso del comitato

San Severino: tre Comuni al Tar contro la decisione di Regione e Asur. I giudici: nessuna irregolarità

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di Paola Pagnanelli

Nessuna irregolarità nella chiusura del punto nascite di San Severino. Lo ha deciso il Tar, respingendo i ricorsi presentati dal Comitato per la difesa e la tutela dell’ospedale Bartolomeo Eustachio, dai Comuni di San Severino, Castelraimondo e Pievebovigliana e da sei cittadine, con gli avvocati Paola Tacchi, Marco Massei (nella foto) e Stefano Filippetti. Il ricorso era stato presentato contro l’Asur e la Regione, e nei confronti dell’Area vasta 3 e del Comune di Macerata. La contestazione riguardava la determina del 24 dicembre 2015, con cui l’Asur aveva disposto la chiusura del punto nascite dal 31 gennaio 2016. Nel ricorso erano illustrati i disagi causati dalla soppressione del reparto e indicate una serie di violazioni nell’iter che l’aveva determinata: a fronte di un numero di parti annuo superiore ai 500, non si sarebbe tenuto conto delle esigenze dei territori montani né delle difficoltà di attivazione dei servizi di trasporto assistito materno e neonatale. Inoltre la soppressione non sarebbe stata concordata, né inserita in un piano generale. Regione e Asur si sono difese in giudizio con il ministero della salute. La chiusura del reparto a San Severino, spiega il Tar, era arrivata dopo "un percorso di razionalizzazione della rete ospedaliera lungo e complesso, con il coinvolgimento di diversi soggetti pubblici. Il presidio si è attestato sempre ben al di sotto della soglia dei mille parti annui – con 581 parti nel 2014 –, con un trend in diminuzione dal 2005. Tali numeri rispecchiano la situazione complessiva del territorio marchigiano, che ha visto una riduzione, nel 2014, del 23 per cento circa dei parti, numero ben lontano dalla soglia dei 650 parti all’anno di cui alle direttive Oms. A ulteriore conferma della bontà della scelta, va evidenziato che il presidio di San Severino non ha il servizio di guardia pediatricaneonatologica attiva H24, né posti letto di rianimazione per la terapia intensiva e sub-intensiva; non è dotato di centro trasfusionale, ma solo di emoteca e non sono presenti specialità di supporto quali cardiologia e Utic; inoltre, la percentuale di cesarei si è sempre attestata su livelli molto superiori al 15 per cento previsto dall’Accordo del 2010". Reparti con poche nascite, si legge nella sentenza, non sono efficienti e soprattutto non tutelano "partorienti e nascituri: più alto è il numero dei parti per anno, maggiori sono la manualità e l’esperienza degli operatori e minore il tasso di complicanze e mortalità". Ecco perché i ricorsi sono stati respinti. Ora però Comuni, comitato e cittadini potranno rivolgersi al Consiglio di Stato.