
di Lorenzo Monachesi
“O sei il diavolo o sei Carlo Didimi“. È uno dei tanti aneddoti legati al fuoriclasse treiese del gioco del pallone col bracciale e l’esclamazione dello spettatore la dice lunga sulle doti di questo giocatore al quale il poeta Giacomo Leopardi, i due erano nati nel 1798, ha dedicato una Canzone. "Si tratta di un gioco a cui i treiesi sono molto legati e che hanno sempre avuto nel sangue, stampato nel Dna". È quanto dice il treiese Alberto Meriggi, presidente del Centro studi storici maceratesi, che è stato docente di Storia medievale all’ateneo di Urbino e che a Treia è stato fondatore e presidente di un attivo Centro culturale e successivamente ha rilanciato l’Accademia Georgica nei dieci anni della presidenza. È stato proprio Meriggi a studiare la figura di Didimi e a riproporre nel 1978 una partita tra vecchie glorie in onore del grande giocatore treiese. Da allora la Disfida è un appuntamento che si ripete ogni anno in questo periodo e oggi ci sarà la finale che designerà la contrada vincitrice.
Professor Meriggi, qual è stata la scintilla che ha fatto riscoprire questo gioco?
"Nel 1978 io e alcuni amici volevamo fare qualcosa per favorire la ripresa del gioco del pallone col bracciale, così dietro l’insistenza di alcuni ex giocatori organizzammo un evento tenutosi la prima domenica di agosto".
Perché è stato dato il nome di Disfida?
"Quello era il termine utilizzato dai giornalisti delle maggiori testate nazionali che seguivano il campionato italiano di pallone col bracciale".
Ma c’era un campionato?
"Certo, c’è stato fino al 1963 e Treia è stata per sette volte campione d’Italia".
C’è una storia particolare legata a questo gioco?
"Nel 1914 Treia ha ospitato una gara contro Recanati che schierava Osmano Scorcella, in quella occasione il giocatore colpì la palla che sfiorò una ragazza del pubblico. Alla fine si scusò con questa giovane, poi i due iniziarono a frequentarsi e si sposarono, da questo matrimonio sono nati i gemelli Nando ed Enzo, altre figure storiche di questo gioco".
Lei è anche uno studioso di storia locale, quali sono le domande che spesso le sono state rivolte dalle persone su questo gioco?
"C’è stato chi non conosceva questa disciplina e molti mi chiedevano se fosse Carlo Didimi il giocatore a cui Leopardi aveva dedicato la sua famose canzone ’A un vincitore del pallone’".
Anche perché nel testo il poeta non cita mai il nome.
"È stato lo studioso Giovanni Mestica di Apiro ad avere dimostrato che effettivamente Didimi era il giocatore a cui era dedicata la Canzone e nel 1898, cioè nel centenario dalla nascita del poeta, ne parlò al teatro di Recanati".
Ma perché Leopardi ha dedicato una canzone a Didimi?
"Perché era l’esempio del coraggio, della forza atletica, era molto conosciuto e osannato dalle masse, ma anche perché era una persona con ideali di libertà, di uguaglianza sociale e credeva nell’unità nazionale".
È stato, quindi, un giocatore che si è impegnato attivamente in quei moti che hanno scosso due secoli fa l’Italia?
"Didimi era il capo dei cospiratori di Treia e noto per questo nello Stato pontificio, è stato perseguitato e condannato. Nel 1831 è stato volontario al tentativo di assalto su Roma voluto dal governo delle Province unite insediato a Bologna e Leopardi era stato nominato rappresentante delle Marche nel Parlamento delle Province unite".
Voltando pagina, attorno al gioco del pallone col bracciale c’era un grosso giro di scommesse.
"Il pubblico scommetteva sui probabili vincitori, i giocatori facevano scommettere sui loro tiri ritenuti impossibili: in effetti c’era un grosso giro di denaro in cui c’era chi si arricchiva e chi perdeva molto".
Quanto guadagnava un giocatore professionista come Didimi?
"Nel 1829, cioè quando è stato inaugurato lo Sferisterio, pretese 600 scudi romani, cioè 40mila euro di oggi, per lui e per la sua compagnia".
È stato un atleta attorno al quale c’erano tanti ammiratori.
"Sicuramente, ma è stato un uomo accorto e consapevole che i complimenti erano spesso effimeri, non per niente il motto del suo casato era Non ti fidare della lode altrui".
Sport, aneddoti, la fama, la lotta in campo e nella vita per la libertà senza avere paura di esporsi: è stata una vita ricca di colpi di scena.
"Il mio sogno è scrivere un romanzo ispirato alla sua vita".