La lezione dei maestri del Novecento

Pierfrancesco

Giannangeli

Le ultime settimane, e in particolare gli ultimi giorni, ci hanno portato via alcuni tra i protagonisti del secolo scorso. La lista è malinconica, perché per molti di noi questi personaggi sono stati autentici maestri, venerati da distanze più o meno lunghe: i giornalisti Gianni Clerici (nato nel 1930) e Eugenio Scalfari (1924), l’inventore della nuova televisione pubblica Angelo Guglielmi (1929), il regista Peter Brook (1925), la fotografa Lisetta Carmi (1924). Bisognerà pur farsene una ragione perché l’anagrafe non perdona, sostiene il cinico di turno: se ne trovano sempre di più in giro, la società contemporanea – che peggiora di giorno in giorno – ne ha irrimediabilmente sdoganato l’esistenza. Eppure alla scomparsa di chi ci ha accompagnato con i suoi scritti, le sue parole, i suoi spettacoli, le sue immagini, non ci si abitua mai e il vuoto si sente, perché quei riferimenti ci sarebbero sempre utili per leggere la complessità della nostra epoca, avendo loro vissuto con lucida consapevolezza le svolte della Storia. Sono stati il filo rosso che ha unito due secoli straordinari per i cambiamenti alla nostra vita individuale e collettiva. Guardando ai loro lavori viene da chiedersi cosa sia stato il Novecento, stagione che ormai possiamo osservare da una distanza che ne permette l’approccio storico, e quale eredità ci abbia consegnato. Per certi aspetti siamo figli del secolo scorso, al quale siamo debitori per alcune scoperte che ancora adesso, pur perfezionate dallo sviluppo delle scienze e delle arti, segnano, caratterizzandola, la nostra esistenza. Poi, indubbiamente, l’alba del Terzo Millennio ha fatto il suo quanto a originalità. Ciò che appare diverso è l’atteggiamento nei confronti del mondo. Nonostante due guerre mondiali e tragedie sparse, i maestri del Novecento hanno insegnato l’approccio positivo e curioso. Quello che manca oggi, sostituito da polemica e sfiducia nel prossimo.