"L’ateneo è un po’ stanco, serve alternanza"

McCourt e la sfida con Spigarelli: lei è la delegata degli ultimi due rettori, io sono una faccia nuova. Mi auguro un confronto tranquillo

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di Chiara Sentimenti

Nato a Dublino, ma ormai adottato a tutti gli effetti da Macerata, dove insegna letteratura inglese all’Università. John Francis McCourt è stato il primo a depositare la candidatura, in vista delle elezioni per il nuovo rettore che si terranno il 29 giugno, mentre domani è attesa quella della sua "avversaria", la professoressa Francesca Spigarelli.

Professor McCourt, che ateneo troverà il nuovo rettore?

"Troverà una Università disorientata dopo anni difficili seguiti al sisma e alla pandemia, una Università che ha bisogno di nuove energie, di un cambiamento e di una iniezione di fiducia perché ci sono tante eccellenze che, a volte, restano nascoste. E, invece, bisogna far emergere queste nostre potenzialità. Vedo un’Università un po’ stanca e frammentata, perché di fatto abbiamo solo cinque dipartimenti, ma che devono essere più coesi e lavorare insieme. Credo serva anche una nuova leadership in cui tutti possano essere sentiti per costruire insieme il futuro, perché il lavoro di ascolto è fondamentale".

Nella corsa per la nomina a nuovo rettore si troverà di fronte la professoressa Spigarelli, che confronto sarà il vostro?

"Il confronto è importante a prescindere, il dibattito per il futuro è sempre una cosa sana e, personalmente, credo molto nella forza del dibattito, dello scambio di idee fatto in modo sano. La professoressa Spigarelli è molto attiva, è la delegata degli ultimi due rettori, mentre io forse sono una faccia nuova. Da questo scambio si prenderanno le idee migliori e mi auguro che ci sarà un confronto tranquillo, ma forte dal punto di vista progettuale".

Perché ha deciso di candidarsi?

"Non era una necessità personale, ma ritengo che l’idea di un’alternanza possa fare bene. Mi sono candidato per dimostrare che esiste una pluralità e affinché non ci sia solo un dipartimento che domini".

Il riferimento è a Giurisprudenza?

"Sì, ma io credo che il dipartimento di Studi umanistici (di cui McCourt è direttore, ndr) sia altrettanto identitario del nostro ateneo. E ritengo, inoltre, che un po’ di alternanza sia sana nei processi e anche nel gruppo che guida un’istituzione".

Nel suo programma ha parlato di una Università-comunità: cosa intende?

"Un ateneo che vive sette giorni su sette, anche il sabato e la domenica. In cui gli studenti possano frequentare le lezioni, gli amici, avere una vita sociale, culturale, di comunità che purtroppo si è persa a seguito del sisma e, soprattutto, della pandemia. Gli studenti devono recuperare il senso dello stare in presenza con i loro coetanei, perché l’Università non è solo informazione, ma anche formazione a tutto tondo. Quelli dell’Università sono anni preziosi, unici; immagino un ateneo in cui gli studenti hanno la voglia di rimanere anche il sabato e la domenica, non solo per studiare, ma anche per frequentare club o fare sport e, per questo, l’ateneo può diventare sempre più strategico anche per il rafforzamento della città e del tessuto economico".

Parlando del rapporto con la città, secondo lei va potenziato?

"Sì e l’Università deve fare il primo passo rendendo stabile la presenza degli studenti. Purtroppo il sisma ci ha imposto limiti negli spazi, ma adesso che sta partendo la ricostruzione e stanno arrivando i fondi qualcosa si sta muovendo. Bisogna trovare spazi ricreativi, perché non è possibile che gli studenti per stare insieme debbano per forza andare in un bar. Va potenziato il ruolo delle biblioteche, così come dobbiamo rendere più stabile anche l’arrivo dei professori che, spesso, fanno solo toccata e fuga. Macerata può essere una città-campus unica nella sua bellezza, ma spesso non ce ne rendiamo conto. Io, invece, immagino una Università a tempo lungo".

Sul fronte della didattica?

"Serve una maggiore differenziazione tra lauree triennali e magistrali. Quelle triennali devono fare una forte formazione di base su cui poter costruire una propria carriera, ma anche su cui costruire la voglia di rimanere a Macerata anche per seguire la formazione magistrale, che deve fornire, invece, elementi più caratterizzanti. Vedo possibilità anche di contaminazione tra i dipartimenti, visto che attualmente siamo tra i pochi atenei in Italia che non forniscono corsi interdipartimentali. Altro punto su cui spingere è l’internazionalizzazione sia in entrata che in uscita e anche sulla cultura cinese, ulteriore punto di forza che altri atenei non hanno".