"Natale è tradizione, calore, famiglia". Per lo chef Michele Biagiola, che ha fatto della ricerca e dell’approfondimento in cucina gran parte del suo percorso, presentare concetti nei piatti a Natale "distrae dal vero spirito di questo giorno". È al timone de "Signore te ne ringrazi" a Macerata. Il 25 dicembre è aperta la sala eventi a Montecosaro, ed è sold out. Il 26 invece è operativo il ristorante nel capoluogo e ancora ci sono dei posti liberi (di solito le prenotazioni per Santo Stefano si registrano più a ridosso della giornata). Mentre a Capodanno sono aperti entrambi i locali ed è tutto pieno.
"Cerco di essere più tradizionale possibile – spiega lo chef –, ma tengo in considerazione anche una grossa fetta di persone con esigenze diverse. Quindi, parallelamente al menu tradizionale, ci sarà anche quello vegano. Nelle famiglie c’è chi ha questo tipo di esigenza". D’altronde un buon 50 per cento dei suoi piatti è vegetale, a base di erbe, foraging (recuperando le materie prime selvatiche del territorio) e orto.
Nel 2001, al ristorante Le Case di Macerata, Biagiola ha conquistato rapidamente la Stella Michelin. "Vengo da una famiglia contadina – prosegue entrando nel vivo delle ricette –, quindi a Natale era immancabile il bollito con il cappone. L’abbiamo reso più nobile e accattivante con alcuni tagli del manzo e il cotechino (maiale). Per la minestra da più di quindici anni adotto la politica del "tutto misto", molto golosa: un pasticcio in brodo con stracciatella, cappelletti e ministra reale (con la parte verde realizzata con erbe selvatiche, grispigno). I cappelletti ovviamente tirati a mano, c’è la sfoglina".
Non a caso dallo scorso aprile da "Signore te ne ringrazi" c’è anche la pasta da passeggio, pasta fresca fatta a mano, da asporto nel contenitore compostabile, che ognuno può mangiare dove vuole.
"Poi passiamo al fritto con le vere olive ascolane Dop – aggiunge lo chef – e il broccolo, condito all’antica, che ricorda il sapore di nonne e zie, delle vergare. Nel menu ci sono anche i tagliolini "con l’umido che bolliva tutte le notti" (oca, papera, animali di bassa corte "sfruttati" al 100 per cento, come quando non si buttava via niente, e manzo). La mente va all’odore di casa". Con la pentola sul fuoco anche di notte. "La sfera emozionale", dice Biagiola. Come la Madeleine di Proust. La sua cucina "flirta" con la tradizione popolare, la memoria personale e collettiva. La qualità della materia prima è il suo punto di forza. "Il mio imperativo è mettere a tavola quella materia prima lì".
Dulcis in fundo: il panettone artigianale, fatto da una sua amica cuoca, Edi Dottori, e il frustingo, un cult del nostro territorio. "Ci piace portare a tavola quello che rispecchia le abitudini contemporanee – conclude Biagiola – e allo stesso tempo essere custodi della tradizione".
l. g.